Dal 30 giugno, tutti i commercianti che rifiutano di accettare un pagamento tramite carta di debito o di credito potrebbero essere soggetti ad una sanzione di 30 euro – alla quale dobbiamo aggiungere il 4% del valore della transazione rifiutata.
Queste sanzioni sarebbero dovute entrare in vigore soltanto dal 1° gennaio del prossimo anno. Tuttavia, il decreto PNRR-bis ha anticipato il provvedimento di sei mesi, rispettando uno degli obiettivi del PNRR stabiliti entro giugno, al fine di contrastare l’evasione fiscale.
Le spese per l’acquisto e l’installazione del Pos
I commercianti, per utilizzare il Pos, devono pagare delle spese fisiche, collegate all’acquisto e all’installazione del dispositivo. Queste spese variano a seconda della banca o della società che si sceglie come fornitrice del servizio.
Nexi, ad esempio, è una delle aziende italiane specializzate in servizi destinati ai pagamenti digitali: consente di attivare un Pos partendo da 29 euro. I dispositivi di SumUp, invece, vanno da 30 a 150 euro, senza costi di installazione o attivazione. Poste Italiane, invece, ha fissato il prezzo del Pos a 79 euro.
Ci sono alcuni gestori che prevedono un canone annuale o mensile per utilizzare il Pos. Nexi fissa queste spese dai 15 ai 35 euro al mese, a seconda del modello selezionato. Poste Italiane, invece, richiede un canone di 9,90 euro mensili.
Le spese più contestate, però, sono quelle che riguardano le commissioni che deve pagare l’esercente per riuscire a permettere ai clienti di utilizzare le carte di credito/debito.
Come funzionano le commissioni
Il fornitore di servizi per il pagamento con carte è chiamato acquirer. «Quando un cliente paga con la carta, per ogni transazione il commerciante è tenuto a pagare al proprio acquirer una commissione, che è fatta di diverse componenti» spiega Matteo Risi, ricercatore del Politecnico di Milano.
La prima componente riguarda le commissioni interbancarie, ovvero quelle commissioni inerenti allo scambio tra la banca che emette la carta utilizzata e la banca che riceve il pagamento. Dunque, per ogni transazione la banca trattiene un certo importo dal totale pagato dal cliente. Una parte di questo importo viene inviato alla banca che ha emesso la carta del cliente. Un’altra, invece, resta alla banca che riceve il pagamento per conto del commerciante.
In base a una direttiva europea del 2015, le commissioni interbancarie non possono superare lo 0,2% del pagamento totale per le carte di debito, lo 0,3% per le carte di credito. Continua Risi: «Un secondo pezzetto sono le commissioni dei circuiti, come Bancomat, Visa e MasterCard, che svolgono un ruolo abilitante nella transazione, perché altrimenti le banche non potrebbero parlarsi tra loro».
La trasparenza dei nuovi operatori
Le commissioni sulle transazioni non sono regolamentate da leggi nazionali o normative europee. Il loro peso può variare a seconda delle banche o dei circuiti coinvolti. Ma anche dal modello di Pos utilizzato
Le commissioni comportano un costo per i commercianti. Stabilire con precisione il loro valore complessivo, tuttavia, non è cosa semplice. «E’ molto complicato sapere quali sono i valori precisi delle commissioni imposte dalle banche, al più si possono conoscere i valori massimali, che non sono mai quelli realmente applicati. Il sistema è poco trasparente, anche se le cose stanno migliorando negli ultimi anni, per questioni soprattutto di concorrenza: ogni banca ha le sue commissioni e cerca di non farle sapere al concorrente per evitare di perdere la clientela».
Tuttavia, l’arrivo sul mercato di nuovi operatori per i pagamenti con il Pos sta cambiando tutte le carte in tavola. Questi nuovi operatori offrono condizioni chiare e trasparenti, aumentando la concorrenza con le banche e distribuendo ai vari attori coinvolti le commissioni raccolte.
SumUp, per esempio, propone ai clienti una commissione fissa dell’1,95% per qualsiasi transazione. Le commissioni di Nexi, invece, vanno dallo 0,99% all’1,89%. Con Unicredit la commissione è dello 0,9%.
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La parola ai commercianti
Per alcuni commercianti queste percentuali, anche se si aggirano su livelli molto bassi, potrebbero avere un impatto piuttosto elevato. Emilio, che gestisce un’edicola a Milano, ci dice la sua: «In attività come le edicole, i margini di profitto sono talmente bassi che avere dei costi aggiuntivi riferiti a quest’obbligo diventa un problema. Un intervento statale che imponga costi ragionevoli per il servizio potrebbe essere un’utopia da perseguire».
Tuttavia, i commercianti possono godere di alcuni benefici dall’utilizzo dei clienti dei pagamenti con carta, che sono ritenuti più sicuri di quelli effettuati con monete e contanti. Jessica, responsabile di un negozio di abbigliamento vintage di Milano dice: «Il Pos lo abbiamo sempre avuto: so che le commissioni sono alte, ma è un metodo di pagamento molto utilizzato, soprattutto dopo la pandemia».
I provvedimenti per ridurre i costi
Gli ultimi due governi hanno preso dei provvedimenti per riuscire ad abbassare il costo complessivo delle commissioni sulle varie transazioni elettroniche a carico dei commercianti. È stata introdotta la possibilità per gli esercenti, con ricavi inferiori ai 400mila euro, di richiedere un credito d’imposta del 30% sull’importo pagato. In sostanza, i commercianti devono pagare tutte le commissioni, anche se a fine anno possono richiedere allo Stato di essere rimborsati del 30%.
Il governo Draghi, con la conversione in legge del decreto Sostegni bis, ha aumentato temporaneamente la percentuale del credito d’imposta al 100% per i pagamenti avvenuti tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022. Per un anno, quindi, le imprese hanno avuto modo di richiedere un rimborso del totale delle spese sostenute a causa delle commissioni.
A inizio luglio, la percentuale rimborsabile è tornata al 30%. Il decreto Sostegni bis ha introdotto un bonus di 320 euro, per aiutare i commercianti ad acquistare Pos o sistemi per i pagamenti elettronici.
Bancomat Spa, che in Italia gestisce il circuito principale di pagamenti con carta di debito, ha deciso di eliminare le commissioni sui pagamenti fino a 5 euro per due anni (1° gennaio 2021 – 31 dicembre 2022). L’iniziativa punta ad ampliare «la diffusione e l’accettazione dei micropagamenti, che oggi rappresentano solo il 2,3 % delle transazioni e a facilitare l’adozione del Pos da parte degli esercenti».
Il contante non è più economico
Anche il contante ha i suoi costi: per la società, per i commercianti e per le banche. Pensiamo ai rischi di furto e al trasporto del contante incassato per i depositi bancari. Secondo alcuni ricercatori: «Il contante può essere percepito quale mezzo di pagamento più economico da imprese ed esercenti se commisurato alla singola transazione. Tenuto anche conto che questi operatori non sostengono del tutto i costi direttamente imputabili al contante».
Il costo privato del contante, tuttavia, «se commisurato in percentuale del valore della transazione, risulta il più elevato a causa dei maggiori oneri legati alla sicurezza». L’incidenza dei costi è più bassa laddove presente una struttura distributiva organizzata, come i supermercati. Mentre per altre categorie, come bar e distributori di carburante, l’incidenza è più elevata.
Alcuni limiti
Al di là dei costi, la norma che inserisce le sanzioni per mancata accettazione delle carte rischia di non essere molto efficace. Il governo Renzi, con la legge di Bilancio del 2016, ha precisato che l’obbligo del Pos non si applica nei casi di «oggettiva impossibilità tecnica». Questa definizione potrebbe includere situazioni in cui un commerciante dichiara di avere il Pos fuori uso.
I commercianti, secondo le norme in vigore, hanno l’obbligo di accettare i pagamenti con almeno una carta di credito e una di debito, e non con tutti i circuiti possibili. Quindi un commerciante potrebbe accettare Mastercard ma non Visa o American Express.
La sanzione scatta soltanto in seguito ad una denuncia presentata direttamente dal cliente che si è visto rifiutare la transazione, e questo, secondo alcuni, rischia di mettere in dubbio l’applicabilità effettiva delle sanzioni.
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