Nel diritto di famiglia le prove sono indispensabili per:
– determinare la condizione economica dei partner e stabilire l’ammontare di un eventuale assegno di mantenimento,
– verificare le capacità genitoriali e determinare a chi affidare un minore,
– accertare condotte contrarie ai doveri coniugali per giustificare eventuali domande di addebito.
Non tutte le prove raccolte sono però ammissibili o rilevanti. In particolare, che valore hanno le prove raccolte dal web?
LA VOLATILITÀ DEI CONTENUTI WEB
Se, da un lato, qualsiasi cosa venga pubblicata sul web è destinata a rimanere reperibile per lunghissimo tempo; dall’altro, una medesima informazione può essere presente in varie forme e versioni, rendendo difficile individuare quale sia quella autentica.
Con la pronuncia 2912 del 2004, la Corte di Cassazione ha discusso l’autenticità e la volatilità dei contenuti, affermando che:
«le informazioni tratte da una rete telematica sono per natura volatili e suscettibili di continua trasformazione e, a prescindere dalla ritualità della produzione, va esclusa la qualità di documento in una copia su supporto cartaceo che non risulti essere stata raccolta con garanzie di rispondenza all’originale o di riferibilità a un ben individuato momento».
In sostanza, le informazioni raccolte dal web possono essere considerate prove documentali (art. 234 c.p.p.), a patto che siano riferibili a un preciso momento.
Sempre la Cassazione, con la sentenza 49016 del 2017 ha ribadito l’insufficienza probatoria della semplice riproduzione cartacea di una conversazione su WhatsApp, chiedendo di acquisire il supporto telematico su cui erano presenti i contenuti per verificarne l’attendibilità. Secondo la Corte, la trascrizione aveva una solo “funzione meramente riproduttiva del contenuto della principale prova documentale“.
PROVE RACCOLTE DAL WEB: IL VALORE DI SCREENSHOT E TRASCRIZIONI
Uno screenshot, ovvero la fotografia di una pagina web, dimostra dunque solo l’esistenza di certi contenuti in rete in un determinato momento: quei contenuti esistono ancora oggi in quella forma? Sono cambiati? Erano veritieri prima? E ora? Ne consegue che lo screenshot non può essere considerato una prova attendibile.
La portata probatoria delle copie cartacee delle schermate internet è però sostenuta dall’art. 23 comma 2 bis del Codice dell’amministrazione digitale, che afferma che:
«sostituiscono ad ogni effetto di legge l’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato»
FACEBOOK E GLI ALTRI SOCIAL
Tra le prove raccolte dal web più usate nei casi di separazione e divorzio ci sono fotografie e informazioni tratte dai profili social dei coinvolti.
Questi contenuti sono utili a dimostrare eventuali infedeltà coniugali, condotte contrarie ai doveri coniugali o l’effettivo tenore di vita del futuro ex-coniuge.
Si potrebbe credere che si tratti di prove atipiche, ma così non è. Esse possono rientrare nella cornice dell’art.2712 c.c. in quanto riproduzioni informatiche (o cartacee) di fatti e di cose, pertanto formano piena prova dei fatti.
Nel caso delle chat su Facebook o altre piattaforme, esse hanno valore legale di prova se:
– la loro veridicità non viene contestata dalla controparte (la contestazione non può però essere generica, ma deve essere basata su fatti e prove),
– la loro riproduzione venga autenticata da un pubblico ufficiale (si ricorda però che tutti i messaggi privati scambiati tramite social network o simili sono coperti dal diritto alla privacy).
IL GIUDICE E IL CONCETTO DI “FATTO NOTORIO”
Il giudice non può raccogliere informazioni dal web.
Secondo la Cassazione (sentenza 4951 del 2017), eventuali informazioni reperite dal giudice su internet non rientrano nel concetto di “fatto notorio”.
Infatti, sebbene le tecnologie moderne rendano un’informazione accessibile a numerosi individui, questa non è necessariamente un ‘informazione incontestabile che fa parte del patrimonio conoscitivo della collettività.
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