Il 16 luglio 2020 la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che la figura del Giudice di Pace è del tutto equiparabile, dal punto di vista giuridico ed economico, alla magistratura professionale.
La pronuncia è la conseguenza di una controversia (causa C‑658/18) tra il giudice di pace Cristina Piazza e il governo della Repubblica Italiana, al quale aveva chiesto la retribuzione del proprio riposo durante il mese d’agosto secondo gli stessi canoni applicati ai magistrati.
LE RICHIESTE DEL GIUDICE DI PACE
Il Giudice di Pace aveva dunque chiesto alla Corte Europea se, nonostante il carattere onorario della sua professione, la sua figura potesse essere considerata un lavoratore a tutti gli effetti.
In particolare, desiderava sapere:
- – se la sua figura potesse rientrare nella nozione di giudice comune europeo;
- – in caso affermativo, se la sua attività lavorativa potesse essere considerata lavoro a tempo determinato;
- – in caso di ulteriore risposta affermativa, se il suo lavoro fosse soggetto alle stesse regole di quello dei magistrati ordinari o professionali a tempo indeterminato.
I riferimenti normativi a cui si rifaceva il Giudice Piazza sono:
– gli articoli 1, paragrafo 3, e 7 della direttiva 2003/88,
– la clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato,
– l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea,
– l’interpretazione della Corte nelle sentenze O’Brien e King.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
La Corte Europea ha stabilito che:
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– «un giudice di pace che, nell’ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, può rientrare nella nozione di “lavoratore”»;
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– «la nozione di lavoratore a tempo determinato, contenuta in tale disposizione [clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato], può includere un giudice di pace, nominato per un periodo limitato, il quale, nell’ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare»;
- – la clausola 4, punto 1, dell’accordo «va interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale che non prevede il diritto per un giudice di pace di beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni, come quello previsto per i magistrati ordinari, nell’ipotesi in cui tale giudice di pace rientri nella nozione di “lavoratore a tempo determinato”, ai sensi della clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro, e in cui si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario».
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