L’incontro tenutosi tra il Min. Bonafede e il Consiglio Nazionale Forense, l’Organismo Congressuale Forense, l’Unione Nazionale delle Camere Civili e l’Associazione Nazionale Magistrati ha portato a un risultato non molto concreto ma incoraggiante: la volontà di portare avanti una riforma della Giustizia che non incespichi in vincoli economici e che coinvolga l’avvocatura in modo diretto.
RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: LA PROPOSTA DI LEGGE FERMA
C’è da dire che esiste già una proposta di legge delega per la riforma, che però è ferma in Commissione Giustizia.
Tale proposta, secondo Antonio De Notaristefani, presidente dell’Uncc, presenta alcuni elementi positivi, tra i quali la soppressione del filtro in appello o la riformulazione della fase della sospensiva.
Ma la nuova riforma della Giustizia non può certamente concretizzarsi senza tenere conto dei cambiamenti portati dal COVID-19.
De Notaristefani spiega: «Rispetto ad un progetto che risale ai primi di quest’anno questi cinque mesi trascorsi sono in realtà un’epoca totalmente diversa. Ciò che poteva andar bene allora non può andar bene oggi. Il che significa che non si può più pensare ad una riforma a costo zero, perché sappiamo tutti che la Giustizia civile ha un impatto sull’economia, è un dato acquisito».
LE RISORSE ECONOMICHE
Come riportato dal quotidiano il Dubbio nell’articolo “Bonafede, sì agli avvocati: «Più fondi per la Giustizia»”, De Notaristefani ha così proseguito: «Discutere del progetto di riforma ha senso solo in una prospettiva molto più ampia, che tenga conto del fatto che il nostro Paese si deve riprendere da una delle crisi più gravi del dopoguerra. Nello stesso tempo, forse per la prima volta, è ipotizzabile destinare risorse importante alla Giustizia, senza toglierle alla scuola o alla sanità, si tratterebbe di risorse aggiuntive. Serve un intervento davvero serio e non a costo zero».
E infatti, la base economica per realizzare la riforma si trova nei 175 miliardi del Recovery Fund, di cui un quarto è proprio destinato alla Giustizia.
IL RUOLO DEGLI AVVOCATI E DELLA TECNOLOGIA
Dunque i professionisti forensi avranno un ruolo di primo piano nella concretizzazione della riforma. Nelle prossime settimane, avvocatura e magistratura potranno stendere le proprie proposte “tecniche” che poi verranno discusse dalle parti politiche.
Durante l’incontro, il Min. Bonafede ha dichiarato di voler far proseguire il connubio tra giustizia e tecnologia stabilito durante i mesi di quarantena.
Gli strumenti e le modalità che sono stati usati durante l’emergenza, prime fra tutte le udienze da remoto, non saranno affatto messe da parte. E le organizzazioni forensi non si sono dimostrate contrarie a priori alla digitalizzazione del processo civile, a patto che questa non venga imposta dall’alto, ma che venga concesso agli avvocati di decidere quale la modalità, da remoto dal vivo, sia la più adeguata a tutelare gli interessi dei loro clienti.
Sempre De Notaristefani ha espresso bene il concetto con queste parole: «Il processo civile è dei cittadini, non dei giudici. Quindi devono essere i cittadini, attraverso i loro avvocati, a scegliere la tipologia di udienza che secondo loro è più rispondente ai loro interessi. Nessuno potrà mai dirci “tu devi difendere in questo modo”. Lo decidiamo noi».
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