Il Consiglio dell’Ue, dopo mesi di negoziati, ha approvato una direttiva per il contrasto della violenza di genere. Si tratta del primo strumento Ue che propone standard comuni per contrastare la violenza di genere.
Gli Stati membri dovranno rendere reato i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili e le violenze informatiche (stalking online, revenge porn, molestie e istigazione alla violenza).
Non esiste, tuttavia, una definizione di “stupro” comune, poiché nel corso delle negoziazioni l’argomento è stato molto discusso e contestato. Italia e Grecia, per esempio, avevano richiesto che la definizione fosse inclusa nella direttiva, mentre Francia e Germania credevano che non rientrasse nelle competenze Ue.
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Nessuna definizione comune, dunque, è stata inclusa nella direttiva. Secondo Ana Redondo, ministra spagnola per l’uguaglianza, la legge è «un buon punto di partenza», anche se avrebbe privilegiato «regole più ambiziose».
Gli Stati Membri, ora, hanno tre anni di tempo per recepire tale direttiva. Sono state stabilite pene minime che vanno da uno a cinque anni di reclusione, con aggravanti se le violenze riguardano coniugi, minori, ex partner, ex coniugi, personaggi pubblici, attivisti e giornalisti.
Grazie alla direttiva sarà più semplice denunciare i casi di violenza domestica, approfondendo le norme circa la protezione e l’assistenza delle vittime. Gli Stati membri dovranno adottare misure per la prevenzione della vittimizzazione secondaria.
Nei procedimenti penali saranno ammesse prove quali atti sulle abitudini sessuali di chi ha subito violenza, ma soltanto nel caso in cui siano necessarie per il procedimento penale.
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