Una sentenza della CEDU riafferma l’importanza della libertà di espressione per i giudici, anche quando si tratta di questioni controverse. La Corte ha sottolineato che i tribunali nazionali devono bilanciare attentamente il diritto alla libertà di espressione con l’interesse pubblico all’imparzialità della magistratura: un importante precedente per la tutela della libertà di espressione dei giudici in Europa.
I fatti:
La giudice rumena M. Vasilică-Cristi Danileţ pubblica due messaggi su Facebook: il primo critica l’influenza politica su alcune istituzioni e ipotizza l’intervento dell’esercito per difendere la democrazia, il secondo condivide un articolo di un pubblico ministero che critica le riforme legislative e la gestione dei procedimenti penali.
Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) rumeno sanziona la giudice con una riduzione della retribuzione per due mesi, ritenendo che i messaggi violino il suo dovere di moderazione e danneggino la reputazione della magistratura.
La giudice Danileţ ricorre alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) lamentando la violazione del suo diritto alla libertà di espressione (articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) e del diritto alla vita privata (articolo 8).
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
La decisione:
La CEDU ha condannato la Romania per violazione dell’articolo 10 della Convenzione. La Corte ritiene che:
-
- Le critiche della giudice Danileţ rientrano nel contesto di un dibattito su questioni di interesse pubblico.
- La sanzione disciplinare ha avuto un effetto dissuasivo sul dibattito pubblico su questioni importanti.
- I tribunali rumeni non hanno adeguatamente bilanciato il diritto alla libertà di espressione della giudice con l’interesse pubblico all’imparzialità della magistratura.
- La Corte non ravvisa invece una violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
Le opinioni dissenzienti:
Tre giudici hanno dissentito dalla decisione della maggioranza, ritenendo che:
-
- La giudice Danileţ non aveva uno status particolare che giustificasse la sua partecipazione al dibattito pubblico su questioni delicate.
- I messaggi della giudice non erano una critica motivata, ma una serie di affermazioni formulate con un linguaggio colorito.
- La giudice avrebbe dovuto prestare maggiore cautela nelle sue espressioni per preservare l’apparenza di imparzialità.
LEGGI ANCHE:
Nasce l’Unione Sportiva Forense Italiana: lo sport che unisce
Corrompere onestamente: l’ossimoro di Calamandrei e l’arte della persuasione in tribunale