Il caso ha acceso un dibattito sulla deontologia forense e sul ruolo della punteggiatura nella comunicazione legale.
La vicenda
Tutto è iniziato quando l’avvocato bolzanino, nel corso di una causa, ha utilizzato tre punti esclamativi per rafforzare la sua critica nei confronti di un collega. Il collega, ritenendo la condotta offensiva, ha inoltrato esposto al Consiglio distrettuale di disciplina, che ha comminato all’avvocato la sanzione dell’avvertimento.
L’avvocato ha però fatto ricorso al Consiglio nazionale forense, che ha annullato la sanzione del CDD.
Le motivazioni
Secondo il Consiglio nazionale forense, i tre punti esclamativi, seppur espressione di un’opinione forte, non denigravano il collega e non violavano i principi deontologici.
Nella sentenza si legge che “la frase contestata, pur essendo critica, non può essere considerata offensiva o denigratoria”. Il Consiglio ha inoltre rilevato che “l’uso dei tre punti esclamativi non è di per sé un comportamento scorretto”.
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
Le conclusioni
Il caso rappresenta un precedente importante per la deontologia forense e per il ruolo della punteggiatura nella comunicazione legale.
La sentenza del Consiglio nazionale forense chiarisce che la critica, anche se espressa con toni accesi, non è vietata se non scade nell’offesa personale.
Inoltre, la sentenza sottolinea che l’uso dei segni di punteggiatura, come i punti esclamativi, non è di per sé un comportamento scorretto.
LEGGI ANCHE:
Decreto ingiuntivo semplificato: al Senato la proposta per una giustizia più rapida
Truffe online: proposta di legge per modificare il codice penale