Ancora molto da fare per gli studi professionali in materia di sostenibilità, sia ambientale che sociale. Questo il quadro che emerge da un’analisi condotta dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, che evidenzia come su molti fronti l’impegno concreto sia ancora agli inizi.
Sul fronte ambientale, la maggioranza degli studi (80%) si limita ad azioni come la riduzione del consumo di carta e il riciclo, mentre misure più incisive come il risparmio energetico (30%) e lo smart working (tra il 20 e il 30%) sono ancora poco diffuse. Ancora meno frequenti (tra il 2% e il 4%) sono i programmi di certificazione per la sostenibilità ambientale.
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Anche la sostenibilità sociale latita. Quasi la metà degli studi professionali (tra il 45% e il 58%) non ha infatti attivato alcuna iniziativa in questo campo. Le policy di welfare (tra il 24% e il 45%) e quelle per la parità di genere (tra il 16% e il 29%) sono presenti in una quota minoritaria di studi, mentre le restanti tematiche (gestione della diversità, inclusione sociale, whistleblowing, attività sociali, sensibilizzazione sui principi ESG) faticano a decollare, con percentuali che oscillano da pochi punti percentuali al 20% per la categoria legale.
Questi dati evidenziano la necessità di un impegno più concreto da parte degli studi professionali per abbracciare la sostenibilità a 360 gradi. Non solo per rispondere alle crescenti richieste di clienti e investitori attenti a questi temi, ma anche per cogliere le opportunità di miglioramento interno che la sostenibilità può portare in termini di efficienza, benessere dei dipendenti e reputazione.
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