La Procura di Milano, in collaborazione con il Ros dei Carabinieri, ha notificato la chiusura delle indagini preliminari a due imprenditori brianzoli, accusati di aver offerto attività di spionaggio ai servizi di sicurezza russi. L’inchiesta, però, non si ferma: gli investigatori stanno verificando l’eventuale esistenza di una rete più ampia di individui coinvolti e la possibile presenza di agenti russi attivi in Italia, sebbene al momento manchino evidenze specifiche in tal senso.
Il caso, emerso lo scorso aprile quando il più giovane dei due, un 34enne, si è autodenunciato ai Carabinieri, rivela dettagli inquietanti. I due imprenditori, ideologicamente filo-russi, avrebbero proposto la creazione di una rete di “case sicure” a Milano per ospitare cittadini russi in transito, evitando ogni registrazione, e di un sistema di videosorveglianza nelle principali città italiane, con la gestione affidata ai servizi di intelligence russi.
Le attività, che includevano anche il reperimento di documenti Nato e informazioni su obiettivi militari italiani, sarebbero state concordate via Telegram con un agente russo. Tra i compiti effettivamente eseguiti, emerge il monitoraggio di un imprenditore italiano esperto in droni e sicurezza elettronica.
Nonostante la gravità delle accuse, i magistrati non hanno richiesto misure cautelari, mantenendo il riserbo per esigenze investigative. L’inchiesta prosegue, puntando a fare luce su un possibile network di spionaggio che potrebbe rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale.
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