Con l’ordinanza n. 16500 del 13 giugno 2024, la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha ribadito il principio che il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione delle spese giudiziali è limitato ad evitare che la decisione di compensare i costi tra le parti si basi su ragioni illogiche o erronee.
In particolare, la Suprema Corte ha richiamato l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 157 del 2014. Secondo la Consulta, il sindacato di legittimità in materia di spese processuali assume carattere “negativo”, dovendo il giudice di legittimità limitarsi a verificare che non ricorrano vizi di illogicità o erroneità nella motivazione della sentenza impugnata.
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La Corte ha precisato che tale limitazione del sindacato è giustificata dall’“elasticità” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensare le spese di lite. In altre parole, la ripetizione delle spese processuali in favore della parte vittoriosa non rappresenta un diritto inderogabile, ma piuttosto una facoltà rimessa alla discrezionalità del giudice.
L’ordinanza in questione è rilevante per le implicazioni pratiche che derivano dal principio in essa enunciato. Infatti, ciò significa che le impugnazioni in cassazione relative alla compensazione delle spese giudiziali hanno una minore probabilità di successo, potendo essere accolte solo se la motivazione della sentenza impugnata risulti affetta da vizi macroscopici.
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