test omosessualità polizia penitenziaria

Sottoposto a test sull’omosessualità: il ministero della Giustizia dovrà risarcire un agente per danno morale

Il Ministero della Giustizia, a seguito della decisione del Tar del Piemonte, dovrà corrispondere 10.000 euro ad un agente di polizia penitenziaria per danno morale.

L’agente si era infatti rivolto al Tar per richiedere «il risarcimento del danno non patrimoniale subito per la condotta dell’amministrazione consistita nell’averlo sottoposto, in relazione ad un procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti sulla base di dichiarazioni spontaneamente rese da due detenuti, a controlli psichiatrici volti all’accertamento della propria omosessualità».

Tali accertamenti sarebbero scattati a seguito di una segnalazione di avances a sfondo sessuale, successivamente risultata falsa, verso due detenuti. Nel corso del procedimento disciplinare, l’agente sostiene di essere stato «sottoposto a domande “ambigue” circa il proprio orientamento sessuale ed erano stati disposti accertamenti psichiatrici svolti dalla Commissione medica ospedaliera che aveva riscontrato elementi da cui desumere l’inidoneità del ricorrente pertanto il procedimento disciplinare veniva archiviato per mancanza di prova dei fatti contestati».

Secondo l’agente, «la condotta con cui l’amministrazione lo aveva “messo alla gogna” sottoponendolo a penetranti controlli psichiatrici aveva determinato uno stato di sofferenza».

I giudici hanno rilevato come «la condotta tenuta dall’amministrazione possa essere qualificata come illecita e foriera per il ricorrente di un danno non patrimoniale risarcibile. Può, infatti, ritenersi che la circostanza di essere stato sottoposto ad accertamenti psichiatrici finalizzati a valutare l’idoneità al servizio in ragione della presunta omosessualità sia idonea a cagionare una sofferenza morale in quanto veniva messa in dubbio l’idoneità del dipendente allo svolgimento delle proprie mansioni in ragione di quello che si presumeva fosse il suo orientamento sessuale veicolando l’idea per cui l’omosessualità (attribuita al ricorrente) potesse essere ritenuta un disturbo della personalità».


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