22 Giugno 2021

Ripresa economica e semplificazioni: cambierà il lavoro degli avvocati?

Ripresa economica e semplificazioni: cambierà il lavoro degli avvocati?

Riprendiamo gli interessanti contenuti dell’articolo “Semplificazioni, la febbre che può legare le mani (anche) all’avvocato” apparso su Il Dubbio in cui si esamina il futuro nebuloso che incombe sul lavoro dell’avvocato.

La gestione dell’emergenza COVID lascerà infatti tracce in molti ambiti dell’esistenza delle persone e porterà dei cambiamenti inevitabili, alcuni dei quali riguardano la professione dell’avvocato.

I cambiamenti maggiori toccheranno probabilmente di più i legali che si occupano di diritto delle imprese, di opere pubbliche e di contrattualistica. Questo perché l’impianto normativo a favore della ripresa economica e il Piano di Ripresa e Resilienza Nazionale stanno puntando a una forte semplificazione che da un lato riduce i margini di errore concessi alle PA, ma dall’altro va a modificare in modo inedito il lavoro degli avvocati.

LE OPINIONI SULLE SEMPLIFICAZIONI E GLI EFFETTI SUL LAVORO DEGLI AVVOCATI

Nell’articolo vengono riportate le parole di alcuni esponenti del mondo legale.

Il Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Raffaele Greco, spiega che:

«Sia con il decreto Semplificazioni dello scorso anno, il Dl 76, sia con il Dl 77/2021 da poco emanato, e noto come decreto Governance, è stata affievolita, per il giudice amministrativo, la possibilità di incidere sui contratti per appalti e servizi stipulati dalle pubbliche amministrazioni con i privati. Prima per le gare legate all’emergenza covid e in generale fino al 31 dicembre 2021, poi con estensione fino tutto il 2023.
Lo si fa in nome dell’idea secondo cui il controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti prodotti dalle pubbliche amministrazioni rallenterebbe l’economia.
Credo che noi magistrati e gli avvocati siamo d’accordo nel ritenere che una tutela ridotta non sia nell’interesse neppure delle imprese. Un contratto che continua a dispiegare i propri effetti nonostante un Tar ne abbia riconosciuto l’illegittimità sembra contrastare innanzitutto con il buon funzionamento dell’amministrazione, ma anche con quel modello di crescita che l’Europa si aspetta dal nostro Paese, basato sui principi di correttezza e trasparenza. Ecco, a me pare che non si consideri con attenzione tale aspettativa. E che anzi si rischi di vedere alcune delle norme cosiddette semplificatorie introdotte negli ultimi mesi finire dinanzi alla Corte di giustizia dell’Ue».

La consigliera Cnf, Isabella Stoppani, coordinatrice della commissione Diritto amministrativo, la vede così:

«Di fronte a un contratto che, pur dichiarato illegittimo, non può più essere travolto dalla decisione del giudice, si aprirebbero ipotesi di ulteriori contenziosi. Alcune attività difensive potrebbero dirottarsi dall’ambito amministrativistico a quello ordinario. Ma dal punto di vista delle istituzioni forensi non sembra questo il cuore della questione: piuttosto, non possiamo tacere sul rischio che si arrechino danni alla collettività, innanzitutto.
Già sono stati eliminati diversi controlli interni alle amministrazioni, per esempio quelli preventivi del Coreco; ora si rischia di limitare l’accesso materiale alla giurisdizione, e in ultima analisi di favorire il malcostume, sotto varie forme.
Di sicuro, la tutela dei cittadini è garantita fino a quando lo è l’accesso alla giustizia.
Ogni scorciatoia viola gli articoli 24 e 111 della Costituzione e danneggia tutti. Credo sia questa la considerazione da fare».

Stefano Bigolaro, consigliere dell’Unione nazionale amministrativisti, ribadisce come la

«monetizzazione della tutela», cioè «la possibilità per chi è illegittimamente escluso da una gara o da un contratto, di ottenere almeno un risarcimento, non si possa mettere sullo stesso piano dell’effetto caducatorio di una sentenza del Tar.
Con le nuove norme, le opere e le forniture di servizi appaltate dalle Pa ai privati andranno avanti anche se la procedura è stata dichiarata illegittima da un giudice, ad esempio perché l’impresa vincitrice era priva dei requisiti.
Se un avvocato può dire al proprio assistito “abbiamo buone possibilità di ottenere la riassegnazione dell’opera”, è un conto. Altro è potergli prefigurare solo un esito risarcitorio. Innanzitutto perché quell’imprenditore nel frattempo non lavora, e la prospettiva del ristoro economico è spesso incerta e lontana. Inoltre, se l’illegittimità dipende non solo da un errore della stazione appaltante ma anche da una specifica condotta del privato aggiudicatario, l’azione contro quest’ultimo dovrà essere necessariamente avviata dinanzi al giudice ordinario.
Avremo magari due procedimenti paralleli con due diversi magistrati e tutti i problemi legati alla necessità che si parlino fra loro».

Difficile al momento capire quali saranno i reali effetti sulla professione legale.

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