Il regolamento Chatcontrol nasce con una nobile finalità: contrastare la pedopornografia. Nonostante ciò, solleva parecchi dubbi su una possibile virata dell’UE verso un sistema di monitoraggio di massa dei propri cittadini.
COS’È IL REGOLAMENTO CHATCONTROL
Il nome per esteso del regolamento Chatcontrol è “on a temporary derogation from certain provisions of Directive 2002/58/EC of the European Parliament and of the Council as regards the use of technologies by number-independent interpersonal communications service providers for the processing of personal and other data for the purpose of combatting child sexual abuse online”.
Il regolamento consente ai provider dei servizi di messaggistica, come Whatsapp, Messenger, Telegram, di monitorare tutte le conversazioni che tutti noi svogliamo attraverso le loro piattaforme. L’obiettivo è individuare contenuti pedopornografici e segnalarli alle forze dell’ordine.
Per analizzare la grande mole di dati ci si affiderà a sistemi di Intelligenza Artificiale.
PERCHÈ È UNA DEROGA ALLA PRIVACY
Le attività di controllo che i provider potranno adottare sono molto più invasive rispetto a quelle che la stessa Europa ha concesso finora, poiché insidiano alcuni diritti fondamentali. Basti pensare che verrà scandagliato qualsiasi tipo di chat, anche quelle con medici o avvocati, per le quali vigerebbe il segreto professionale.
Il regolamento Chatcontrol rappresenta dunque una deroga alla Direttiva ePrivacy, che vieta ai provider di sorvegliare, intercettare e conservare i contenuti delle comunicazioni elettroniche. Si tratta, insomma, di un’eccezione al divieto di sorveglianza massiva.
PRINCIPALI CRITICHE
Riportiamo qui alcune delle perplessità sollevate dal regolamento Chatcontrol.
Scarsa efficacia contro la pedopornografia
Attuati i controlli sulle piattaforme più popolari, il network pedopornografico semplicemente si sposterà su piattaforme clandestine escluse dai controlli.
Violazione della privacy dei privati da parte di altri privati
I provider delle piattaforme di messaggistica sono soggetti privati, che avranno accesso a informazioni molto intime degli utenti, con grandi rischi per la libertà e l’autodeterminazione di questi ultimi.
Sebbene il monitoraggio sia limitato alla ricerca di contenuti pedopornografici, nulla garantisce che i provider utilizzino le informazioni raccolte per scopi secondari difficili da individuare e sanzionare.
Vale però la pena segnalare che il regolamento Chatcontrol non incide quanto indicato dal GDPR. Per esempio, gli utenti dovranno essere informati sul monitoraggio e sul trattamento dei loro dati personali.
Uso di algoritmi
Ben pochi supervisori umani si prenderanno la responsabilità di fermare una segnalazione nel caso l’algoritmo rilevasse un contenuto controverso. Il rischio è che molti cittadini si vedano sottoposti a procedimenti penali anche nel caso di contenuti leciti.
Bias ed errori di valutazione
I sistemi di intelligenza artificiale sono caratterizzati da errori che ne influenzano le decisioni. Ma anche il successivo controllo umano potrebbe essere soggetto ugualmente a pregiudizi.
Trasmissione a terzi
I report generati dagli algoritmi potrebbero essere trasmessi a Paesi terzi nei quali non vigono le garanzie previste dalla normativa europea in materia di trattamento di dati personali.
Sicurezza incerta
Le backdoor create per permettere il monitoraggio potrebbero essere usate dai servizi di intelligence e dagli hacker.
Abituare i cittadini ad accettare il controllo
Il regolamento Chatcontrol è una norma temporanea, che rimarrà in vigore per 3 anni. C’è chi crede che questa finestra temporale serva ad abituare le persone alla novità del monitoraggio massivo cosicché poi sia più facile renderlo definitivo.
A ciò si aggiunge la scelta dell’obiettivo, ovvero la lotta alla pedoporngrafica, un tema sensibile che predispone con più facilità l’accettazione da parte dei cittadini di limitazioni pur di risolvere un fenomeno terribile come questo, indipendentemente dalla reale efficacia delle misure proposte.
E poi, una volta che si è monitorati per contrastare la lotta alla pedopornografia, perché non accettarlo anche per contrastare il terrorismo, garantire la sicurezza sanitaria o affrontare qualsiasi altra minaccia?
Aspetteremo la fine della sperimentazione per trarre le dovute conclusioni.
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