Troppo ricchi per l’accesso al gratuito patrocinio e troppo poveri per intentare un’azione legale.
Fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, non vanno in vacanza e rimandano l’apparecchio ai denti dei figli. Queste famiglie non possono assolutamente permettersi le parcelle dell’avvocato.
Circa 3 milioni di famiglie italiane vivono con un’entrata mensile di 1.100 euro, e almeno 600.000 di queste rinunciano alla difesa, anche se subiscono gravi torti.
Per alcuni la giustizia è un lusso, e il diritto inviolabile alla difesa sembra che non possa essere rispettato. Si pensi alle situazioni in cui un lavoratore subisce un grave infortunio sul posto di lavoro, ma non può permettersi di intentare una causa contro il datore, oppure ai pazienti vittime di malasanità che non possono mettersi contro le big del settore.
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Per tutte queste persone è attualmente in corso un’opera per modificare la legge, al fine di ridisegnare i parametri previsti dal gratuito patrocinio, rendendo i tribunali veramente «uguali per tutti».
Il nuovo provvedimento è promosso da Chiara Tacchi (Studio Tacchi & Tosini), attualmente in contatto con la Commissione giustizia in Parlamento. «È intollerabile pensare che ci siano persone che non si sentano legittimate a difendere i propri diritti. Vogliamo che la difesa sia accessibile e inclusiva», dichiara Tacchi.
Appoggia il provvedimento anche l’Associazione degli avvocati Pro Bono. Spiega il presidente dell’associazione Giovanni Carotenuto: «Abbiamo già redatto le linee guida per la gestione del pro bono in team misti di avvocati e giuristi d’impresa e ci rifacciamo al modello anglosassone dove gli studi legali che si prestano all’assistenza legale senza parcella sono molti».
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