Un nuovo intervento della Corte di Cassazione ridefinisce i confini della pensione di reversibilità in caso di concorrenza tra coniuge superstite ed ex coniuge. Con l’ordinanza n. 23851/2025, i giudici di legittimità hanno stabilito che la quota spettante all’ex coniuge decorre dal primo giorno del mese successivo al decesso del pensionato, e non dalla data di presentazione della domanda.
Un diritto previdenziale, non successorio
La Suprema Corte ha ribadito che la reversibilità ha natura previdenziale autonoma, distinta dai diritti ereditari. Di conseguenza:
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la decorrenza della prestazione deve essere fissata dal mese successivo alla morte del pensionato;
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l’Inps è l’unico soggetto legittimato a effettuare conteggi e a corrispondere arretrati;
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eventuali importi già versati in eccesso al coniuge superstite devono essere recuperati dall’ente previdenziale come indebito oggettivo, ai sensi dell’art. 2033 del Codice civile.
Criteri di riparto tra ex e coniuge superstite
Il parametro principale resta la durata del matrimonio, ma la Cassazione apre a correttivi di equità, attribuendo al giudice margini di valutazione in base a:
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le condizioni economiche complessive delle parti, con attenzione a chi versi in maggiore fragilità;
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l’eventuale convivenza prematrimoniale, riconosciuta come elemento giuridico autonomo;
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la percezione di assegni divorzili, che incide sull’equilibrio nella suddivisione delle quote.
La determinazione delle percentuali, sottolinea la Corte, è questione di merito rimessa al giudice del caso concreto, purché rispettosa degli orientamenti consolidati.
Impatto pratico per Inps e beneficiari
La pronuncia ha effetti immediati: l’Inps sarà chiamato a ricalcolare e conguagliare le prestazioni, riconoscendo la decorrenza dal mese successivo al decesso e garantendo così il pagamento degli arretrati. Per i beneficiari, la decisione porta maggiore chiarezza sui tempi e sugli importi spettanti, riducendo il rischio di lunghe controversie.
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