Pechino. La tensione tecnologica tra Stati Uniti e Cina si arricchisce di un nuovo capitolo: la State Administration for Market Regulation (SAMR) ha accusato Nvidia di aver violato la normativa antitrust nell’acquisizione della israeliana Mellanox Technologies, operazione conclusa nel 2020.
Secondo l’autorità cinese, il gruppo guidato da Jensen Huang non avrebbe rispettato pienamente le condizioni stabilite al momento dell’approvazione del deal. Non sono stati resi noti i dettagli dell’inadempimento, né le eventuali sanzioni. Tuttavia, la sola apertura del procedimento rappresenta un segnale forte che alza ulteriormente il livello dello scontro economico e regolatorio tra le due superpotenze.
Impatto finanziario contenuto, ma rischio elevato
Nonostante la rilevanza della notizia, le reazioni dei mercati sono state relativamente moderate: il titolo Nvidia ha segnato un lieve ribasso a Wall Street. Gli analisti sottolineano che le multe antitrust in Cina possono variare dall’1% al 10% del fatturato annuo, e nel caso di Nvidia la posta in gioco potrebbe essere miliardaria. Il mercato cinese pesa infatti tra il 10 e il 17% dei ricavi complessivi della società.
Una mossa politica oltre che economica
Molti osservatori ritengono che la scelta di Pechino abbia una valenza politica. L’intervento contro Nvidia si colloca in un contesto di crescente pressione da parte di Washington, che negli ultimi anni ha imposto restrizioni sempre più severe sull’export di semiconduttori avanzati verso la Cina. Con questa decisione, Pechino sembra voler mostrare di essere pronta a rispondere con strumenti analoghi.
Secondo fonti citate dal Financial Times, la mossa della SAMR rientrerebbe in una più ampia strategia volta a ridurre la dipendenza tecnologica dalle aziende statunitensi e a favorire lo sviluppo di player locali come Huawei e Cambricon, già impegnati nella produzione di chip per l’intelligenza artificiale.
Il precedente che ribalta i ruoli
Per anni gli Stati Uniti hanno utilizzato il diritto antitrust come leva contro le società cinesi – emblematico il caso Huawei. Ora il copione sembra rovesciarsi: è la Cina a contestare i comportamenti di un gigante Usa, in un settore – quello dei chip AI – che rappresenta uno dei fronti più caldi della “guerra tecnologica”.
Le prossime mosse
Resta da capire se le accuse sfoceranno in sanzioni concrete. Un’eventuale multa, anche se onerosa, potrebbe non essere il vero problema per Nvidia: la posta più alta riguarda la possibilità di operare senza ostacoli in Cina, un mercato fondamentale per il futuro dell’AI.
Per mantenere un accesso parziale, l’azienda ha già sviluppato chip “adattati” alle regole locali, come l’H20, progettato con prestazioni ridotte per rispettare i limiti imposti dalle autorità. Una strategia che finora ha funzionato, ma che rischia di non bastare più in un contesto sempre più politicizzato.
Con i negoziati tra Pechino e Washington riaperti a Madrid, la tempistica dell’annuncio sembra tutt’altro che casuale: il caso Nvidia potrebbe trasformarsi in una pedina importante sul tavolo delle trattative.
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