Davanti al perdurare della pandemia e alle difficoltà socio-economiche, il dibattito sui passaporti vaccinali è sempre più di attualità, in Italia e in Europa. L’applicazione di un pass personale comporta però una lunga serie di questioni legati alla privacy e anche all’etica che non possono essere tralasciate e, anzi, devono essere affrontate già nell’eventuale fase di progettazione.
L’avvocato Rocco Panetta, esperto di Internet e Privacy, parlava già un anno fa di quanto la pandemia potesse mettere a dura prova la tenuta dei principi Costituzionali.
PASSAPORTO VACCINALE, IL PRESENTE
In Europa, Ursula von der Leyen ha comunicato che è in corso di presentazione una proposta legislativa per un “Digital Green Pass” che provi l’avvenuta vaccinazione, i risultati di tamponi e test, e informazioni su malattia e guarigione. Il tutto nel rispetto della privacy.
In Italia, il Garante della Privacy ha pubblicato un comunicato stampa in cui suggerisce che «il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini a fini di accesso a determinati locali o di fruizione di determinati servizi, debba essere oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali (in particolare, quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati), in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza».
IL PROSSIMO FUTURO E I RISCHI DI DISCRIMINAZIONE
Uno dei possibili scenari ci vede tutti in possesso di un documento, più probabilmente una app per smartphone, che indicherà il nostro status sanitario.
La società si dividerebbe dunque in due grandi gruppi.
Da una parte coloro che, grazie alla app che attesta l’avvenuta vaccinazione, potranno accedere nuovamente a luoghi, attività e diritti che in questo ultimo anno ci sono stati più o meno tolti. Dall’altra, coloro che, non vaccinati, vedrebbero la loro vita e i loro diritti ancora limitati.
Il passaporto vaccinale comporta dunque una forma di discriminazione?
DECIDERE NEL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE
L’art.3 della Costituzione incarica la Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, il loro sviluppo e la loro partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Il passaporto vaccinale rischia di essere una misura in contrasto con tale principi.
Ma far combaciare il diritto alla salute pubblica con la privacy, l’uguaglianza e l’etica è possibile. Ciò richiede un grande lavoro di bilanciamento e di discussione, senza passare per “scorciatoie giuridiche”.
Come suggerisce l’Avv. Panetta: «sarebbe pertanto auspicabile che l’eventuale introduzione nel nostro ordinamento di pass e passaporti vaccinali passasse attraverso il confronto in Parlamento, da concretizzarsi poi in una legge condivisa, accuratamente pesata ed equilibrata. Vista la particolare situazione e dato lo stato attuale della campagna vaccinale, personalmente non intravedo motivi che potrebbero imporre di bypassare il dibattito parlamentare con un decreto-legge o un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri».
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