20 Aprile 2022

Parcella degli avvocati e prescrizione

Quando non è più possibile richiedere al cliente il pagamento della parcella.

Secondo l’art. 2934 c.c., “ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”. Nel caso della parcella di un avvocato, la prescrizione matura secondo quanto stabilito dalla legge in materia contrattuale; in poche parole, essendo il mandato che lega l’avvocato al suo cliente una forma di contratto, i diritti che ne derivano si prescrivono dopo 10 anni.

Differenza tra prescrizione estintiva e prescrizione presuntiva

Innanzitutto, è bene evidenziare che esistono due distinte forme di prescrizione applicabili alla parcella: la prescrizione estintiva (o ordinaria) e la prescrizione presuntiva.

Nel primo caso, decorso il periodo di tempo stabilito da normativa, il diritto del professionista si estingue definitivamente e il creditore non ha più la possibilità di rivendicare il pagamento.

Tuttavia, prima dello scadere del decennio stabilito dalla legge, la prescrizione estintiva può essere “azzerata” dal titolare del diritto facendo ricorso a una delle modalità stabilite nell’art. 2943 c.c.; tra queste rientrano la notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, la domanda proposta nel corso di un giudizio, l’atto notificato con il quale una parte dichiara la propria intenzione a promuovere il procedimento arbitrale, e qualsiasi altro atto che valga a costituire in mora il debitore.

Nel caso di prescrizione presuntiva invece – siccome si tratta per l’appunto di una presunzione di legge (basata sul principio secondo cui passato un certo periodo di tempo si “presume” che l’obbligazione sia stata estinta) – la prescrizione può essere smentita (e dunque è possibile opporvisi) nelle modalità previste dalla normativa. Nel caso degli avvocati, la prescrizione presuntiva matura dopo tre anni dall’esaurimento dell’incarico.

La prescrizione presuntiva non si applica tuttavia in tre specifiche circostanze, ovvero se non viene eccepita, se il debitore ha ammesso che l’obbligazione non è stata estinta oppure se il debitore fa intendere che il debito sia stato pagato o comunque ne nega l’esistenza.

Dopo quanto tempo si può parlare di prescrizione?

Come anticipato, l’art. 2946 c.c. sancisce che – fatti “salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di 10 anni”. Detto altrimenti, il diritto dell’avvocato a richiedere al cliente il pagamento dell’onorario si estingue dopo un decennio.

Ma da che momento inizia il conto alla rovescia? La risposta è contenuta sempre nel Codice Civile, precisamente all’art. 2957 c.c., dove si stabilisce che:

Il termine della prescrizione decorre dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione.

Per le competenze dovute agli avvocati e ai patrocinatori legali, il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall’ultima prestazione.

La sentenza della Cassazione n. 21008 del 6 agosto 2019 riprende proprio questo aspetto, evidenziando come il termine della prescrizione decorra non dal compimento di ogni singola prestazione derivante dal contratto stesso, ma piuttosto dall’espletamento definitivo dell’incarico. E l’incarico può ritenersi compiuto quando la causa è terminata, ovvero si ha una decisione della lite, una conciliazione delle parti, la revoca del mandato o – nel caso di affari non terminati – dal momento in cui si è svolto l’ultimo incarico professionale.

La ratio è molto semplice: la prestazione di un servizio di natura “intellettuale” deve considerarsi come unica, per cui non è possibile far decorrere la prescrizione basandosi su ogni singola operazione svolta in virtù di un determinato incarico.

Ancora, sempre nella stessa sentenza la Cassazione ribadisce che:

Qualora sia stata chiesto in giudizio il pagamento degli onorari professionali di un avvocato per le prestazioni eseguite fino a una certa data, tale data può essere assunta quale dies a quo del termine di prescrizione non automaticamente, in conseguenza della mera delimitazione temporale della pretesa compiuta dal creditore, ma solo a seguito dell’accertamento che l’incarico professionale si è esaurito con il compimento delle prestazioni oggetto della domanda.

Nonostante la sentenza del 2019, la Cassazione si è dovuta pronunciare nuovamente in materia con la sentenza n. 11500/2022 a seguito di ricorso presentato da due avvocati che volevano far valere il loro diritto al pagamento del compenso, lamentando (tra le altre cose) un’errata scelta del dies a quo. Nello specifico, gli avvocati sostenevano che il decorrere del periodo di dieci anni dovesse essere calcolato a partire dal pagamento dell’assegno incassato nel 2017 da un delegato dell’assistita.

Dopo aver ribadito i principi sanciti nel Codice Civile e nella loro precedente sentenza, gli Ermellini hanno dichiarato che il fatto che la cliente abbia ricevuto un pagamento derivante dal servizio prestato dagli avvocati non può essere considerato come parte della prestazione svolta, nonostante tale pagamento sia derivato dall’accordo conciliativo ottenuto dagli avvocati.

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