“Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L’ergastolo è il tributo che lo Stato di diritto paga alla pena vendicativa.” Con queste parole l’avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta, ha aperto la sua arringa davanti alla Corte d’Assise di Venezia. Il giovane di 23 anni è reo confesso dell’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, un caso che ha scosso l’opinione pubblica.
Dopo la richiesta di ergastolo avanzata dal PM Andrea Petroni, la difesa ha puntato a smontare le aggravanti di crudeltà, premeditazione e atti persecutori, chiedendo il riconoscimento di attenuanti generiche “quantomeno equivalenti”. Caruso, affiancato dalla collega Monica Cornaviera, ha ribadito: “Non si tratta di negare la gravità dei fatti, ma di applicare la giustizia secondo il principio di legalità e non la legge del taglione.”
Turetta, presente in aula, ha ascoltato in silenzio. Assente invece Gino Cecchettin, padre di Giulia. La sentenza è attesa per il 3 dicembre.
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