Un emendamento dopo l’altro, la maggioranza tenta di far ripartire il concordato preventivo per le partite IVA, finora sottoutilizzato. Con un provvedimento approvato in Commissione Finanze alla Camera, il centrodestra inserisce nel Decreto fiscale un nuovo ravvedimento speciale: una sorta di sanatoria che consente ad autonomi e professionisti di “scudare” le annualità dal 2019 al 2023, pagando imposte ridotte in base alla propria pagella fiscale (ISA).
Ma mentre si aprono nuovi spiragli per il fisco, si accende la polemica su un altro fronte: la proposta di prescrivere i crediti retributivi anche durante il rapporto di lavoro. Una modifica che, secondo l’opposizione e i sindacati, rappresenta un duro colpo ai diritti dei lavoratori.
Concordato bis: nuove regole, stesso obiettivo
Il nuovo ravvedimento speciale si configura come una replica della sanatoria già introdotta nel 2024. Potranno aderirvi, nel biennio 2025-2026, i professionisti che sceglieranno di sottoscrivere per la prima volta il concordato preventivo con l’Agenzia delle Entrate. L’importo da versare varierà in base al punteggio ISA:
- Chi ha un punteggio pari o superiore a 8 pagherà il 10% del reddito non dichiarato;
- Tra 6 e 8, l’aliquota salirà al 12%;
- Sotto il 6, si pagherà il 15%.
A questi si aggiunge una quota Irap del 3,9% per tutti, mentre per gli anni pandemici 2020 e 2021 è previsto uno sconto ulteriore del 30%. Il versamento potrà essere effettuato in un’unica soluzione (dal 1° gennaio al 15 marzo 2026) o in dieci rate mensili, con l’aggiunta degli interessi.
Il governo ha stanziato 395 milioni di euro per coprire gli oneri della misura nel quinquennio 2026-2030. L’obiettivo è recuperare risorse per finanziare un nuovo taglio dell’IRPEF, dopo che la prima edizione del concordato ha avuto una partecipazione inferiore alle attese: meno di 600 mila adesioni su oltre 4 milioni di potenziali beneficiari.
La critica dell’opposizione: “Premiati gli evasori”
Per il Partito Democratico si tratta dell’ennesimo “condono mascherato”. Cecilia Guerra, responsabile lavoro del PD, è netta: “Un ulteriore schiaffo a chi paga regolarmente. È il solito regalo a chi ha evaso”. Protestano anche i Cinque Stelle: “Mentre la maggior parte delle partite IVA è lasciata sola, il governo strizza l’occhio a pochi privilegiati”.
La miccia dei crediti di lavoro: “Una norma pericolosa”
Ben più accesa è la reazione sulla norma che riguarda i crediti retributivi dei lavoratori. Un emendamento al nuovo Decreto Ilva prevede che anche durante il rapporto di lavoro decorra la prescrizione per le somme dovute ma non versate ai dipendenti. Oggi, invece, i lavoratori hanno cinque anni di tempo dopo la cessazione del contratto per rivendicare differenze retributive, evitando il rischio di ritorsioni.
L’emendamento punta anche a limitare il potere dei giudici nel riconoscere l’adeguatezza della retribuzione, impedendo di fatto il pagamento di arretrati anche in caso di “grave inadeguatezza”. Una norma che, secondo CGIL, UIL, PD, M5S e AVS, “favorisce le grandi imprese e penalizza i lavoratori”.
Un attacco al diritto del lavoro?
“È l’ennesimo colpo al diritto del lavoro”, affermano i sindacati. Per l’opposizione, si tratta di una modifica che mina le basi della tutela dei dipendenti, rendendo più difficile rivendicare quanto loro spetta, e riducendo il potere contrattuale nei confronti dei datori. In pratica, una norma che rischia di legalizzare il mancato pagamento delle retribuzioni in caso di rapporti duraturi.
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