Le persone affette da grave depressione non possono scontare il carcere, nemmeno nel caso in cui abbiano commesso reati gravi come un omicidio. Con sentenza n. 9432 del 5 marzo 2024, la Cassazione penale riconosce una patologia che impedisce di vivere una vita dignitosa.
Secondo la prima sezione, la malattia di cui soffre il detenuto deve essere tanto grave da provocare conseguenze dannose o mettere in pericolo la vita. In ogni caso, la depressione deve richiedere un trattamento sanitario che non può essere attuato in carcere, dovendo quindi bilanciare l’interesse del condannato di essere sottoposto a cure adeguate e l’esigenza di sicurezza da parte della collettività.
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Ai fini del differimento della pena gli Ermellini rilevano tutto quelle patologie che fanno entrare in contrasto l’espiazione della pena con il senso di umanità di cui all’art. 27 Cost. Tali patologie, infatti, sono responsabili di situazioni esistenziali che tolgono la dignità, che deve essere rispettata anche in un contesto di restrizione carceraria.
La patologia psichica potrebbe essere causa di differimento della pena, sia nel caso in cui provochi infermità fisica che non può essere affrontata in carcere, sia nel caso in cui questa renda incompatibile l’espiazione della pena e il senso d’umanità a causa delle eccessive sofferenze.
La depressione è una patologia che, nelle sue forme più gravi, può diventare incompatibile con la detenzione carceraria, poiché questa potrebbe aggiungere sofferenza, violando il concetto di rispetto di dignità umana e non perseguendo il fine rieducativo della pena.
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