Un fenomeno criminale inquietante, emerso con forza durante la pandemia, sta ridisegnando la mappa delle truffe globali: le “scam cities”. Si tratta di vere e proprie enclavi urbane, o pseudo-urbane, da cui partono la maggior parte delle frodi online che affliggono il mondo. Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha lanciato l’allarme, evidenziando come queste città criminali, inizialmente concentrate nel Sud-Est asiatico, stiano ora proliferando anche in Africa, Sudamerica e Medio Oriente, approfittando della fragilità delle istituzioni locali.
Il contagio delle “città della truffa”: dal Sud-Est asiatico al mondo
Le “scam cities” sono centri in cui centinaia di migliaia di persone, spesso migranti attratti da false promesse di lavoro, vengono ridotte in condizioni di sfruttamento e semi-schiavitù. La loro “attività” principale è perpetrare ogni sorta di truffe online: dalle frodi affettive ai falsi investimenti, dai furti di criptovalute alle scommesse illegali. Il rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) sottolinea come la loro crescita sia stata esponenziale a partire dall’emergenza sanitaria, con un epicentro iniziale in paesi come Thailandia, Myanmar, Filippine, Laos, Cambogia e Cina. Qui, i lavoratori venivano privati dei documenti e costretti a operare, spesso sotto minaccia e violenza, utilizzando sofisticate tecniche di social engineering. Nonostante alcuni collaborino volontariamente, la stragrande maggioranza è trattenuta contro la propria volontà, trasformando queste città in luoghi dove la schiavitù moderna incontra la criminalità informatica.
Nuovi orizzonti del crimine: Africa e Sudamerica nel mirino
Gli sforzi dei governi asiatici per smantellare queste “città della truffa” hanno avuto un effetto collaterale preoccupante: le organizzazioni criminali si sono spostate, cercando nuovi terreni fertili. L’UNODC ha rilevato una rapida espansione in regioni caratterizzate da forti fragilità istituzionali, come l’Africa (con la Nigeria in testa, seguita da Zambia e Angola), il Sudamerica (Brasile e Perù) e alcune isole remote dell’Oceano Pacifico.
In Nigeria, ad esempio, si sono registrati numerosi arresti tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, coinvolgendo anche individui provenienti dal Sud-Est asiatico. Simili operazioni in Zambia e Angola hanno mostrato la capacità di queste reti criminali di adattarsi e sfruttare i vuoti governativi. In Sudamerica, il Brasile è il paese con il maggior numero di queste realtà, seguito dal Perù, dove già a fine 2023 la polizia aveva liberato quaranta cittadini malesi, vittime di un’organizzazione criminale taiwanese specializzata in frodi informatiche, reclutati con la triste consuetudine di falsi annunci di lavoro.
La persistenza del modello: mafie asiatiche e gruppi locali
Nonostante i cambiamenti geografici, la gestione e il controllo delle “scam cities” rimangono saldamente nelle mani di organizzazioni criminali asiatiche. Tuttavia, si sta assistendo a un crescente coinvolgimento di gruppi criminali locali, che fungono da intermediari o garanti nei nuovi territori. Questa dinamica, già osservata in Asia, si sta replicando nei nuovi insediamenti, mantenendo invariato il modus operandi: sfruttamento, coercizione e frode su scala industriale. Le aree remote del mondo, dove le istituzioni statali sono deboli o assenti, offrono un habitat ideale per queste attività illecite.
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