Le testimonianze di una giovane laureata in Giurisprudenza (autrice di una lettera aperta sul portale Fanpage.it) confermano le condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti i praticanti avvocati in Italia.
Stipendi da fame, orari massacranti e nessuna tutela: questa la realtà di chi, dopo anni di sacrifici e dedizione allo studio, si ritrova a dover lavorare per pochi euro l’ora per coronare il sogno di diventare avvocato.
“Non posso contribuire alle spese dell’affitto e non posso fare un doppio lavoro perché vivo le mie giornate in studio”, racconta la giovane donna che ha voluto condividere la sua esperienza con Fanpage.it. La sua storia, purtroppo, non è un caso isolato.
Durante il periodo di praticantato, che dura 18 mesi e che è obbligatorio per poter sostenere l’esame di abilitazione, non è previsto alcun compenso. I praticanti, pur svolgendo un lavoro a tutti gli effetti, sono costretti spesso a lavorare gratuitamente, anche per turni massacranti che arrivano anche a 70 ore settimanali.
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La situazione migliora leggermente dopo il praticantato, ma di poco. Gli stipendi dei neo avvocati oscillano infatti tra i 400 e i 500 euro al mese, ben al di sotto della soglia di povertà.
“Sto sostenendo l’esame di abilitazione alla professione forense, ma cosa cambierà nella mia vita se riuscirò ad abilitarmi? L’unica cosa che potrà cambiare, dopo anni di sacrifici buttati al vento, sarà il mio lavoro, nella speranza di poter vivere in maniera dignitosa”, si domanda la giovane donna.
Sfruttamento, mancanza di tutele e un futuro incerto: questa la fotografia di una generazione di giovani laureati in Giurisprudenza che, dopo anni di studio e sacrifici, si ritrova ad affrontare un presente difficile e un futuro incerto.
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