Sviluppare un sistema di Identità Digitale comune all’interno dell’Unione Europea è un’operazione più complicata del previsto.
Entro il 2025, tutti i cittadini europei dovranno essere dotati di un’applicazione sul proprio smartphone dove caricare tutti i propri documenti, come patente, carta d’identità, tessera sanitaria, titoli di studio o documenti catastali della casa.
Dunque, al posto di fornire un singolo documento per dimostrare la propria identità basterà semplicemente aprire l’app europea. Il meccanismo è simile a quello del green pass, che per Bruxelles ha rappresentato quasi un banco di prova per un progetto ben più ampio.
La Commissione vorrebbe mettere in pratica già dal prossimo anno i primissimi casi d’uso. Tuttavia, la creazione di questa Identità Digitale comune europea porta con sé non poche complicazioni, tecniche, politiche e commerciali.
Appalti
Bruxelles tiene molto all’identità digitale. Proprio per questo sono stati assegnati per tempo gli appalti per lo sviluppo dell’app di identificazione digitale.
La prima gara, che riguarda la creazione vera e propria dell’applicazione, vale 26 milioni di euro. Ogni Paese potrà successivamente adattare il wallet di identità digitale.
La seconda, invece, copre le applicazioni del sistema comune di Identità Digitale, e vale 37 milioni di euro. Ci sono cinque consorzi in gara, che lo scorso 14 dicembre, come riporta Wired, hanno ricevuto il via libera all’offerta e ad un pezzo dell’appalto.
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A conti fatti, dal punto di vista industriale, si potrebbe già partire. Mancano però accordi tecnici e politici.
Lo sviluppo del wallet dovrebbe basarsi su un quadro di regole comuni. Il consorzio che ha vinto lo sviluppo del wallet attualmente è ancora in fase di scrittura: una delle ultime versioni del testo è stata travolta da critiche da parte degli operatori di settore. Ci sarebbero termini poco chiari, pezzi mancanti e tempi eccessivamente ottimistici.
Inoltre, in assenza di standard già condivisi, chi oggi investe in tecnologie e innovazioni specifiche potrebbe scoprire di essere sulla strada sbagliata, dato che le cancellerie, nel frattempo, potrebbero decidere di andare in tutt’altra direzione.
SPID
Secondo il Consiglio Europeo, è necessario stabilire dei livelli di garanzia che un sistema d’identità deve assolutamente avere. La scelta è ricaduta sul livello più alto, ovvero sul rilascio in presenza e del chip crittografico presente sulla carta.
Questo taglierebbe fuori lo Spid, il Sistema pubblico di identità digitale italiano. Secondo Carmine Auletta di Infocert: «L’Italia non si è schierata in Consiglio e così rischiamo di buttare a mare le cose fatte con Spid. Se passa la linea del Consiglio, 33 milioni di identità Spid non potranno essere utili al wallet europeo».
Sono molti i Paesi ad aver suggerito al Consiglio di mantenersi su un livello sostanziale. Sempre secondo Auletta «Svezia, Polonia, Danimarca e Belgio erano per un livello sostanziale», e la Germania ha spinto per il livello alto.
Alcuni funzionari Agid avrebbero detto di non essere riusciti a difendere Spid a causa dell’assenza di una posizione comune con gli altri Stati. Tuttavia, quello di Spid sembrerebbe essere un falso problema, dato che il Consiglio ha lasciato comunque aperta la possibilità di effettuare il riconoscimento da remoto per chi ha questa tipologia di identità digitale.
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