13 Giugno 2025 - BIG DATA | Diritto d’autore

Intelligenza artificiale e copyright: scontro di modelli tra Europa e Stati Uniti

Uno studio dell’EUIPO mette in luce le profonde divergenze tra il fair use americano e l’eccezione europea per il text and data mining. In gioco non solo la tutela dei diritti d’autore, ma anche la governance futura dell’IA generativa a livello globale.

L’irruzione dell’intelligenza artificiale generativa nel panorama digitale ha cambiato le regole della creazione e della circolazione dei contenuti, sollevando interrogativi cruciali su come conciliare il diritto d’autore con l’innovazione tecnologica. La recente pubblicazione dell’EUIPO — l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale — analizza in profondità i contrasti normativi tra Europa e Stati Uniti, evidenziando come questi possano tradursi in conflitti giurisdizionali e incertezza per aziende, autori e utenti.

Al centro del dibattito due modelli opposti: da un lato, la dottrina giurisprudenziale del fair use statunitense, flessibile ma imprevedibile; dall’altro, l’eccezione obbligatoria per il Text and Data Mining (TDM) prevista dalla Direttiva UE 2019/790 (DSM), che consente l’estrazione di dati per finalità di ricerca e sviluppo, purché nel rispetto di condizioni ben definite.

Un caso emblematico in Europa è la recente decisione del Tribunale di Amburgo che, accogliendo il ricorso di un’agenzia fotografica contro l’utilizzo non autorizzato di immagini in un dataset IA, ha riconosciuto valido l’opt-out espresso tramite le condizioni d’uso di un sito web. Un precedente che rafforza la posizione dei titolari dei diritti, richiamando alla necessità di chiarezza contrattuale nell’era dei big data.

Sul versante americano, invece, i contenziosi si moltiplicano. Tra i più noti, quello che vede opposti Meta a un gruppo di autori per l’utilizzo di opere letterarie protette nell’addestramento del modello linguistico LLaMA, e quello tra The New York Times e OpenAI per l’uso di articoli giornalistici. In entrambi i casi, la questione ruota attorno al confine sempre più labile tra uso trasformativo e violazione del diritto d’autore.

Il rischio concreto è che il fair use diventi, di fatto, un escamotage legale per sottrarsi alla remunerazione degli autori, creando un mercato parallelo di contenuti generati da modelli addestrati su opere protette. La mancanza di trasparenza sulle fonti dei dataset aggrava la situazione, ostacolando qualsiasi tentativo di verifica e contrattazione.

A livello internazionale, anche Regno Unito e Giappone seguono approcci distinti. Londra valuta di estendere l’eccezione di TDM agli usi commerciali, mentre Tokyo adotta già una normativa più permissiva, che consente il mining per qualsiasi finalità purché non venga riprodotta l’opera originale.

Secondo l’EUIPO, per ridurre il rischio di conflitti giurisdizionali e forum shopping, sarebbe opportuno puntare su accordi volontari tra tech company e titolari dei diritti, oltre a favorire la creazione di database pubblici autorizzati e di codici di condotta per la gestione dei dataset.

Un possibile passo avanti potrebbe arrivare da organismi come WIPO e WTO, chiamati a mediare e armonizzare principi minimi condivisi a livello globale. Nell’Unione Europea, intanto, il prossimo AI Act e le linee guida proposte dall’EUIPO mirano a rafforzare trasparenza e tutela del diritto d’autore nell’addestramento dell’intelligenza artificiale.

Il confronto tra i due modelli resta aperto, riflesso di culture giuridiche e priorità economiche differenti. Se il fair use ha garantito per anni una via di fuga all’innovazione americana, il sistema europeo cerca di conciliare tutela degli autori e sviluppo tecnologico attraverso norme più definite. Il futuro, però, richiederà convergenza. E una governance internazionale che sappia bilanciare libertà creativa e diritti economici.


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