Redazione 19 Maggio 2025

IMU 2025: seconde case più care, il catasto decide i rincari

Mancano poche settimane all’acconto IMU 2025, ma le novità più significative non arrivano dalle aliquote, rimaste in larga parte invariate, bensì dalla rendita catastale. Sarà infatti questo valore a determinare chi pagherà di più o di meno per seconde case, case sfitte e immobili a reddito.

Un’analisi condotta sulle principali città italiane evidenzia come le abitazioni classificate come A/2 (abitazioni civili) paghino, in media, il 63% in più rispetto a quelle iscritte in A/3 (abitazioni economiche). E non sempre si tratta di una differenza legata alla reale qualità degli immobili: edifici simili per caratteristiche e valore di mercato possono infatti risultare inseriti in categorie catastali diverse, con effetti significativi sull’imposta dovuta.

A Milano, ad esempio, un alloggio A/2 ha una rendita media di 1.487 euro, che si traduce in un’IMU annua di oltre 2.600 euro per un’abitazione sfitta tassata all’aliquota del 10,6 per mille. A Bologna e Roma la situazione è simile, mentre in altre città come Firenze il divario è più contenuto.

La distribuzione delle categorie catastali incide anche sulla diffusione dei rincari: in alcuni centri le abitazioni A/2 sono molto più numerose di quelle in A/3, mentre altrove avviene il contrario. A Bologna, ad esempio, gli A/3 sono sette volte gli A/2, ma quest’ultimi vantano rendite catastali decisamente più elevate.

Anche gli affitti a canone concordato godono di qualche sgravio fiscale, ma in misura limitata. In alcune città, come Cagliari, Milano e Torino, si applicano riduzioni fino a 4 punti di aliquota rispetto a quelle per le case sfitte. Bari è il Comune più generoso, con un’aliquota del 4 per mille contro il 10,6 ordinario.

Un altro dato interessante riguarda le abitazioni popolari (A/4), che conservano una tassazione IMU più bassa, grazie a rendite catastali inferiori. Sebbene il numero di questi immobili sia in calo per effetto delle riqualificazioni edilizie, nei capoluoghi di provincia rappresentano ancora una quota significativa del patrimonio immobiliare.

Infine, le prime case di pregio — quelle in categoria A/1, A/8 e A/9 —, pur essendo soggette a IMU, riguardano una fetta marginale degli immobili italiani: appena lo 0,2% del totale. Curiosamente, il 44% di queste unità si concentra nei capoluoghi di provincia, confermando la loro presenza prevalente nei grandi centri urbani.

L’attesa ora è per le riforme annunciate sul catasto e sui tributi locali. Dal 2026, con i decreti attuativi della delega fiscale, potrebbero arrivare regole più aggiornate per rendere il sistema più equo e aderente al reale valore degli immobili. Ma per l’acconto di giugno resta valida la vecchia rendita, con tutte le sue incongruenze.


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