30 Agosto 2022

nome studio legale

Guida alla scelta del nome dello studio legale

Dare un nome al proprio studio legale sembra un’operazione semplice, ma non lo è. Fino a poco tempo fa il nome dello dell’avvocato diventava automaticamente il nome dello studio. Ma oggi ci sono sempre più avvocati, sempre più nomi.

La scelta del nome, dunque, oltre ad essere frutto di compromessi, deve essere efficace nell’attirare il pubblico. Scegliere di sommare le iniziali dei nomi forse non è il metodo migliore per creare un brand, e non è nemmeno così semplice da ricordare.

Che cos’è il naming

In una strategia di marketing, il naming è un punto assolutamente centrale. È un’attività che consiste nella scelta del nome più adatto ad un prodotto o ad un servizio, dopo un’attenta analisi del mercato e del target di riferimento.

Il naming ha insieme una funzione descrittiva ed evocativa di un servizio. Da un lato deve essere un nome facilmente riconoscibile dal mercato e altrettanto individuabile tra molti, che generi un senso di affetto tra il pubblico. Dall’altro dovrà distinguersi, per non confondersi tra la massa.

Un’efficace attività di naming studia anche la sonorità della parola e la facilità con cui viene pronunciata e memorizzata. Il naming considera i significati e le sfumature che vengono collegati al nome scelto. Un buon nome dovrebbe essere in grado di richiamare dei concetti positivi, idee e valori specifici, contribuendo alla costruzione di una personalità in grado di distinguersi dai competitor.

Di solito si utilizza la tecnica del brainstorming, cercando di trovare delle lettere o dei fonemi che sono in grado di rappresentare e distinguere il prodotto o l’attività. Scegliere il nome fa parte di un processo creativo e strategico, anche se non bisogna trascurare gli aspetti legali che riguardano la tutela della proprietà intellettuale.

Scegliere il nome dello studio legale in modo tradizionale

Il nome di uno studio legale dovrebbe comunicare esperienza, affidabilità e prestigio. Molti avvocati scelgono di utilizzare direttamente il loro nome: “Studio legale Fontana”, oppure “Avvocato Rossi”. È una soluzione tradizionale utilizzata anche da studi legali molto prestigiosi.

Uno studio legale con il proprio nome ha i suoi vantaggi: dà un volto all’attività, trasmette affidabilità e con il tempo, il nome verrà associato all’esperienza e al prestigio dell’avvocato. Tuttavia, i tempi stanno cambiando: ci sono nuove soluzioni da prendere in considerazione nella scelta del nome del proprio studio.

Il target dello studio

Se si vuole dare una sfumatura internazionale allo studio, la scelta della lingua inglese potrebbe essere quella giusta. Scelta che si rivela poco utile, invece, nel caso in cui lo studio resti confinato nel territorio italiano.

Se il target sono grandi aziende, ci si potrebbe affidare alla scritta “& partners” oppure “& soci” – operazione del tutto sconsigliata, se il target dello studio è un cittadino alla ricerca di consulenza e calore umano.

Se uno studio legale si occupa soltanto di diritto di lavoro, non sarà utile chiamarlo con un acronimo che non assume alcun significato per il target. Sarà più appropriato inserire “job”, “law”. In questo modo il pubblico avrà un’idea precisa di che cosa si occupa lo studio. In ogni caso, studi settoriali dovrebbero valutare l’inserimento di parole (o frazioni di parole) che rimandano all’argomento.

Creare il proprio brand

Un tema su cui si dibatte è se sia utile accompagnare o meno il nome dello studio con un logo o con un simbolo, con un brand.

Il brand (così come il marchio) si compone del nome, del lettering (font, colore, dimensione, spaziatura, editing, disposizione) e dell’eventuale simbolo grafico. Giustamente, un brand deve piacere a chi lo commissiona, dato che ci deve convivere.

Ma dobbiamo sempre ricordare che ogni volta in cui ci lanciamo in attività di branding e naming ci troviamo nel mondo della comunicazione e del marketing. Qui, ci sono vere e proprie regole: andare ad istinto potrebbe semplicemente giocare brutti scherzi.

Una buona regola è quella di mettersi nei panni di chi si imbatte nel brand che abbiamo creato. Chiediamoci, dunque, cosa potrà comprendere una persona esterna del simbolo, del nome e della sigla che abbiamo scelto – tenendo anche presente che le persone, al giorno d’oggi, hanno sempre meno voglia e tempo di sforzarsi di comprendere.

Dunque, una scelta che preveda una decodificazione potrebbe essere poco strategica ed efficace. Chiediamoci perché alcuni dei più grandi brand stanno personalizzando i propri prodotti con nomi comuni, che corrispondono agli ipotetici consumatori, facendo anche pubblicità che rasentano la banalità pur di essere perfettamente compresi.

Un giusto mix dovrebbe consistere nel non apparire troppo comuni e banali, ma essere di facile comprensione per chiunque.

Gli elementi da tenere in considerazione nel naming e nel branding

Vediamo quali sono gli elementi da tenere in considerazione nel naming e nel branding:

  • nome/sigla/acronimo;
  • font da utilizzare, tipologia di carattere e dimensione;
  • disposizione del testo;
  • colore;
  • payoff (l’anima del servizio offerto);
  • logo.

A tutto questo dobbiamo aggiungere le seguenti valutazioni, per quanto riguarda la scelta del nome e del brand:

  • l’affinità con il target di riferimento;
  • il valore culturale che racchiude in sé;
  • lo storytelling, la storia che abbiamo da raccontare;
  • il posizionamento per quanto riguarda il valore percepito;
  • far sentire i fruitori parte fondamentale di un’esperienza con specifiche caratteristiche.

Il payoff e il claim

Il payoff è la frase che di solito si mette sotto al nome, che entra a far parte del titolo del brand. La sua funzione principale sta nel piano emotivo. Rappresenta, infatti, il “mood” che il brand vorrebbe trasmettere. Risponde alla domanda “qual è la nostra essenza” oppure “perché lo facciamo”.

Alcuni famosi payoff sono “Think Different” di Apple, “Just do it” di Nike, oppure “Dove c’è Barilla c’è casa” di Barilla. Sono legati al nome, e addirittura spesso lo sostituiscono.

In quanto parte integrante del brand, il payoff non dovrebbe poter essere cambiato facilmente. Dovrebbe, invece, restare sempre abbinato al nome. Questo lo rende differente dal claim, un vero e proprio spot pubblicitario, che ha una durata limitata nel tempo, con l’utilità di far comprendere un determinato messaggio.

Il claim è uno slogan, mentre il playoff completa e rafforza il nome dello studio legale. Il payoff si compone di due, massimo tre parole, mentre il claim potrebbe coincidere con una frase.

Ulteriori considerazioni

Nella scelta del nome devono essere presi in considerazione anche i problemi che potrebbero esserci nella difficoltà di scrittura e pronuncia del nome. Se il nome dello studio legale non è semplice da scrivere, sarà molto difficile anche da rintracciare online.

Inoltre, se la scelta genera attriti con colleghi o soci, sarà opportuno rivolgersi ad una terza parte, che aiuti a risolvere il problema in maniera distaccata e professionale.

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