Davanti alla richiesta crescente di informazioni sui suoi utenti, Google ha deciso che le agenzie governative statunitensi e le forze dell’ordine dovranno pagare per ottenere dati.
Del resto, l’azienda di Mountain View raccoglie una mole enorme di dati e lo fa costantemente.
È quindi facile intuire come i suoi database possano risultare utilissimi e richiestissimi dalle forze dell’ordine di tutto il mondo. E infatti, nei primi 6 mesi del 2019 Google ha ricevuto più di 75000 richieste di dati relativi a quasi 165000 account localizzati in tutto il mondo. Di queste richieste, 1 su 3 proveniva dagli USA.
A volte si è trattato di accedere alle email, di ottenere informazioni sulla localizzazione o gli spostamenti; altre volte di visualizzare la cronologia delle ricerche effettuate da sospetti sul motore di ricerca.
Le commissioni applicate variano in base alla finalità dell’operazione: 45,00 $ per una citazione, 60,00 $ per una intercettazione, 245,00 $ per un mandato di ricerca. Qui il documento ufficiale emesso da Google.
PRECEDENTI ED EFFETTI
Non è la prima volta che Google applica delle commissioni in caso di richieste di dati con finalità legali – lo aveva già fatto nel 2008 -, ora però dovrebbe diventare una procedura standard.
La legge federale consente alle aziende di addebitare commissioni di questo genere e nel mondo delle telecomunicazioni realtà come COX e Verizon già lo fanno da anni.
Nella Silicon Valley, invece, molti hanno preferito non applicarle (finora). Un po’ per la difficoltà di gestione su larga scala, un po’ per non dare l’impressione di speculare su operazioni di giustizia.
Ma è davvero così? Ora che le forze dell’ordine dovranno pagare per ottenere dati, Google si arricchirà a scapito della giustizia? Non proprio: a quanto pare la quantità di denaro derivante da tali commissioni inciderebbe in maniera irrilevante sui ricavi dell’azienda.
È però anche vero che le nuove entrate potrebbero essere utili a coprire i costi insiti nel soddisfare la crescente richiesta di dati, soprattutto tenendo conto che lo sviluppo tecnologico generale rende possibili indagini più precise e quindi più laboriose.
Una delle richieste più innovative è impegnative riguarda Sensorvaul, un enorme database che permette di individuare sospetti e testimoni utilizzando dati relativi alla loro posizione raccolti tramite i loro dispositivi. I dispositivi da controllare possono essere anche centinaia e i dati richiedono una revisione legale più ampia rispetto ad altre tipologie di informazioni.
Le commissioni avrebbero poi un effetto secondario non indifferente in termini di privacy, poiché disincentiverebbero l’eccessiva sorveglianza da parte del governo.
Nel caso specifico degli Stati Uniti, Gary Ernsdorff, procuratore capo nello Stato di Washington, solleva la preoccupazione che le commissioni applicate da Google possano spingere altre aziende a fare altrettanto, ostacolando le operazioni delle forze dell’ordine che hanno a disposizione budget limitati.
Il procuratore riconosce però che le commissioni potrebbero alleggerire la mole di lavoro per Google riducendo i tempi di attesa dei risultati che, negli ultimi anni, si erano dilatati.
Va fatta una precisazione: Google non ha intenzione di applicare le commissioni nel caso in cui le investigazioni riguardino la sicurezza di bambini o emergenze potenzialmente letali.
[Fonte: New York Times]
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