Gli scritti tecnici prodotti dagli avvocati sono protetti dal diritto d’autore?
Quale elemento può definirli come opere creative o testi “standard”?
Un indirizzo lo offre la Cassazione con l’ordinanza n.10300/2020.
LA CREATIVITÀ ALLA BASE DEL DIRITTO D’AUTORE
Il caso in oggetto all’ordinanza racconta di un avvocato che scrive un regolamento fieristico per un cliente.
Dopo un po’ di tempo, l’avvocato scopre che il suo testo è stato copiato di pari passo da un’altra società senza che questa avesse chiesto l’autorizzazione. A suggerire tale condotta, l’avvocato della società.
L’autore chiama in causa tale avvocato, che viene condannato a risarcire i danni per plagio ma che poi ricorre in appello e vince.
L’autore non accetta la decisione e ricorre in Cassazione contestando:
- la violazione della legge sul diritto d’autore n.633/1941, rimproverando alla Corte d’Appello il giudizio che un opera tecnica non possa essere anche creativa;
- la richiesta di provare la creatività insita nell’opera “come se si trattasse di un requisito soggettivo la cui sussistenza o meno possa essere dimostrata sulla base di elementi estranei all’opera stessa, che dovrebbero essere allegati e documentati”;
- il rigetto della tutela dell’opera in base all’idea che l’esistenza di altri testi regolamentari simili neghi il requisito della creatività.
La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e conferma che nel testo non è riconoscibile alcuna rielaborazione creativa e originale di nozioni giuridiche note, né prassi o esperienze personali del professionista. In sostanza, vi sono solo indicazioni pratiche standard.
La mancanza di creatività e “soggettività” non permette quindi di ritenere l’opera meritevole di protezione del diritto d’autore.
[Fonte: Studio Cataldi]
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