Nei primi giorni del 2025 si sono verificati episodi allarmanti nei tribunali italiani: in alcuni casi, i giudici hanno impedito il deposito in aula di atti e documenti cartacei, ritenendo che con l’entrata in vigore del d.m. n. 206/2024 tali attività possano avvenire solo per via telematica, ai sensi dell’art. 111-bis c.p.p. Questa rigida interpretazione ha suscitato la preoccupazione dell’intera avvocatura, che vede messa a rischio la possibilità di esercitare pienamente il diritto di difesa.
A Napoli, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ha inviato una nota al Ministero della Giustizia, denunciando come qualsiasi limitazione al deposito cartaceo contrasti con le norme vigenti e con le disposizioni della Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati (DGSIA). La Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere ha addirittura proclamato una giornata di astensione per protestare contro la prassi adottata dal tribunale locale, dove agli avvocati è consentito esibire gli atti cartacei al giudice, ma con l’obbligo di successivo deposito telematico.
La questione è talmente controversa da aver spinto il capo del Dipartimento per l’innovazione tecnologica del Ministero della Giustizia a intervenire con una circolare il 20 gennaio 2025. Il documento, richiamando una precedente circolare della DGSIA, chiarisce che la normativa non esclude il deposito cartaceo in udienza: spetta poi agli ausiliari del giudice digitalizzare gli atti e inserirli nel fascicolo informatico. Tuttavia, l’interpretazione ministeriale lascia margini di incertezza, in quanto subordina questa possibilità alla discrezionalità del giudice.
Nel frattempo, il dibattito si allarga. Gli avvocati contestano non solo la rigidità di certe decisioni giudiziarie, ma anche il possibile intento di sollevare le cancellerie dall’onere di digitalizzare gli atti cartacei, scaricando questa incombenza sui difensori. Tale obbligo, denunciano i penalisti di Santa Maria Capua Vetere, va ben oltre quanto previsto dalla normativa e rischia di trasformarsi in un ulteriore ostacolo per la tutela dei diritti degli imputati e delle parti civili.
A livello normativo, la questione ruota intorno all’interpretazione di termini chiave come “deposito”, “presentazione” e “produzione” degli atti. Il codice di procedura penale distingue chiaramente tra “deposito” (che avviene presso le cancellerie) e “presentazione” o “produzione” in udienza. Equiparare questi concetti potrebbe portare a un’applicazione distorta della normativa, limitando di fatto il contraddittorio processuale.
La situazione è in continua evoluzione e gli avvocati si aspettano un chiarimento definitivo dal Ministero della Giustizia. Nel frattempo, la tensione tra difesa e magistratura rimane alta, con il rischio che questa incertezza procedurale comprometta il regolare svolgimento dei processi.
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