Dopo un lungo periodo di incertezze e scontri sotterranei, il Ministero della Giustizia avvia ufficialmente una nuova fase di riassetto interno. Il punto più delicato riguarda la nomina del nuovo vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), rimasta bloccata per mesi a causa di divergenze tra il Guardasigilli Carlo Nordio e il Quirinale. La scelta iniziale, circolata prematuramente e senza un passaggio formale al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, aveva generato una frizione istituzionale che aveva rallentato le operazioni.
Superato l’impasse, sarà Stefano Carmine De Michele — attuale direttore generale delle risorse materiali e tecnologie presso il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria — a guidare il Dap. Una nomina che segna l’inizio di un più ampio intervento di riorganizzazione voluto dal ministro Nordio, resosi necessario dopo una serie di dimissioni e malumori interni.
Nuove nomine e dipartimenti ridisegnati
Nel nuovo assetto, Lina Di Domenico, inizialmente indicata per il Dap, assumerà invece la guida del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria (Dog), sostituendo il magistrato Gaetano Campo, destinato a rientrare nei ranghi della magistratura ordinaria.
Cambiamenti anche al vertice del Dipartimento affari di giustizia (Dag), dove Antonia Giammaria, finora direttrice generale dello stesso dipartimento, prenderà il posto di Luigi Birritteri, in uscita dopo una serie di tensioni interne. Secondo indiscrezioni, alla base della rotazione dei dirigenti ci sarebbe il clima di difficoltà comunicativa tra alcune figure apicali e il gabinetto del ministro, emerso in casi delicati come quello legato alla vicenda Almasri, che aveva evidenziato criticità nella trasmissione di informazioni cruciali.
Dietro il riassetto, spoil system e gestione accentrata
Il cambio di poltrone, destinato a essere ufficializzato in Consiglio dei ministri nei prossimi giorni, si inserisce in un contesto politico più ampio. La gestione Nordio appare infatti orientata a esercitare un controllo più diretto su dossier e decisioni operative attraverso un’applicazione mirata dello spoil system e la centralizzazione di alcune funzioni strategiche.
Una linea che ha già prodotto l’uscita di figure storiche dell’amministrazione, come Maria Rosaria Covelli, ex capo dell’Ispettorato, e Alberto Rizzo, dimessosi dalla carica di capo di gabinetto nella scorsa primavera. La sua successora, Giusi Bartolozzi, avrebbe faticato a ricostruire un rapporto operativo solido con alcuni dirigenti, contribuendo ad alimentare il turnover.
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