Rosa Colucci

Esecuzione forzata sproporzionata: condotta illecita dell’avvocato

La sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 94 del 27 marzo 2024 ribadisce l’importanza del rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità da parte degli avvocati nell’esercizio della loro professione. L’avvocato deve sempre agire nell’interesse del proprio cliente, ma nel contempo deve tenere conto dei diritti e degli interessi della controparte e della proporzionalità delle sue azioni.  

Fattispecie:

Un avvocato ha proceduto al pignoramento di tre appartamenti di ingente valore economico (oltre 1,5 milioni di euro) per il recupero di un credito relativamente modesto (circa 18mila euro).

Decisione:

Il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto tale condotta contraria all’art. 66 del Codice Deontologico Forense (CDF), che vieta di aggravare con iniziative giudiziali onerose la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela del cliente.

Motivazioni:

  • La norma deontologica in questione impone all’avvocato di mantenere un comportamento leale, corretto e probo, che va oltre le mere regole processuali e sostanziali.
  • L’avvocato deve agire nell’interesse del proprio cliente, ma non può farlo a discapito dei principi di equità e proporzionalità.
  • Nel caso specifico, l’avvocato avrebbe potuto raggiungere il suo scopo pignorando un solo immobile, che era ampiamente sufficiente a soddisfare il credito.
  • L’aggressione patrimoniale sproporzionata nei confronti del debitore è quindi illecita, anche se non espressamente vietata dalla legge.
  • L’esistenza di strumenti processuali per tutelare il debitore in caso di pignoramento eccessivo non giustifica tale condotta.

Conseguenze:

La violazione dell’art. 66 CDF può comportare sanzioni disciplinari per l’avvocato, come la censura, la sospensione o la radiazione dall’albo.


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