Redazione 9 Luglio 2025

Digitale, il mercato cresce ma mancano le competenze: Italia a rischio frenata

Il mercato digitale italiano continua la sua corsa, ma la carenza di competenze rischia di diventare il vero freno alla trasformazione tecnologica del Paese. Secondo i dati contenuti nel Libro Bianco sull’evoluzione del lavoro nell’era dell’Intelligenza Artificiale, presentato da Assinter Italia, il valore del comparto digitale ha toccato quota 39,3 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 2,9% rispetto all’anno precedente. A trainare il settore sono stati in particolare Intelligenza Artificiale, Cloud Computing e Cybersecurity.

La diffusione dell’IA è in rapido aumento: oggi è adottata dal 32,5% delle grandi imprese, dal 14% di quelle medio-piccole (50-99 addetti) e dall’8,2% delle aziende con almeno dieci dipendenti. Anche le misure di sicurezza informatica risultano in forte crescita, con il 75,9% delle aziende dotate di almeno dieci addetti che hanno implementato sistemi di protezione dei dati.

Ma accanto a questa espansione tecnologica, emerge con forza il problema di una forza lavoro non adeguatamente formata. Solo il 46% degli italiani in età lavorativa possiede competenze digitali di base e appena il 22% raggiunge livelli avanzati, in settori chiave come IA, cybersecurity e cloud computing.

Un dato significativo riguarda il numero di professionisti italiani che hanno inserito competenze in Intelligenza Artificiale sui propri profili LinkedIn, cresciuto di 17 volte dal 2016, a fronte di un incremento del 415% nelle assunzioni in ambito AI nello stesso periodo. Tuttavia, la formazione specializzata non tiene il passo: i laureati ICT rappresentano appena il 6% del totale, e soltanto il 16% dei corsi di laurea attivati per l’anno accademico 2024/2025 è dedicato a materie digitali.

Le imprese sono alla ricerca di circa 920mila professionisti digitali, di cui il 67% con profili altamente specializzati: analisti software, ingegneri informatici, data scientist, progettisti di sistemi e tecnici della sicurezza informatica. La domanda riguarda anche chi sappia abilitare nuove tecnologie come cloud, big data analytics, Internet of Things e software per la gestione dei dati aziendali.

A complicare il quadro contribuisce il declino demografico, che riduce la disponibilità di forza lavoro qualificata mentre la richiesta di competenze digitali continua a salire. Particolarmente critica è la situazione nell’IT & Data Management, dove il numero di giovani che scelgono percorsi Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) è troppo basso. L’Italia, infatti, è fanalino di coda in Europa per iscritti a corsi ICT in rapporto alla popolazione.

Secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, il 78% delle aziende fatica a trovare nuovo personale, e il 45% denuncia maggiori difficoltà rispetto al passato. Le cause principali sono la carenza di competenze tecniche (57%), di soft skill (29%) e la discrepanza tra le condizioni offerte dalle aziende e le aspettative dei candidati.

La risposta a questo scenario richiede un piano nazionale di reskilling e upskilling, sottolineano gli autori del Libro Bianco. L’obiettivo è colmare il divario con percorsi di formazione continua accessibili e personalizzati, sostenuti da partnership tra pubblico e privato. Accanto ai percorsi universitari e agli ITS Academy, che comunque registrano una lenta crescita, è fondamentale coinvolgere soggetti privati della formazione digitale, capaci di offrire soluzioni rapide e su misura per le esigenze del mercato.

Oltre alle competenze tecnologiche avanzate, la trasformazione digitale valorizza anche le capacità umane: pensiero critico, problem solving, adattabilità e collaborazione interfunzionale saranno sempre più determinanti nei contesti lavorativi guidati dall’Intelligenza Artificiale.

Per affrontare la sfida e governare la transizione digitale, gli esperti indicano come essenziale un approccio integrato: politiche pubbliche mirate, investimenti aziendali nella formazione continua e un sistema educativo flessibile e aggiornato. Solo così sarà possibile trasformare il potenziale di crescita del digitale in una reale opportunità occupazionale e di sviluppo per il Paese.


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