E’ arrivato il fatidico giorno: da oggi entra in vigore la riforma della Giustizia di Marta Cartabia. Tuttavia, magistrati e avvocati lanciano l’allarme. Aiga, Anf, Anm e Uncc «esprimono con forza tutta la loro preoccupazione nei confronti di un intervento normativo che difficilmente consentirà di raggiungere gli obiettivi prefissati di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del rito».
Al contrario, «lo stesso rischia di rivelarsi pregiudizievole per la tutela dei diritti dei cittadini e per la competitività delle imprese sul mercato. Al fine di ottenere i finanziamenti previsti dal Pnrr, l’Italia si è impegnata con l’UE a ridurre l’arretrato dei processi civili del 55-65% entro la fine del 2024 e del 90% entro la metà del 2026. Come già è stato più volte evidenziato, tali percentuali di riduzione sono irrealistiche ed irrealizzabili nei tempi indicati e a parità di risorse di mezzi e di personale di magistratura ed amministrativo».
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Da oggi, dunque, entrano in vigore le novità della riforma del processo civile. Troviamo tra queste la nuova procedura unificata per i giudizi civili, il procedimento semplificato di cognizione, ma anche l’abrogazione del rito Fornero in materia di licenziamenti. Tutte le modifiche entreranno in vigore mercoledì 1° marzo.
Ma avvocati e magistrati dicono a gran voce no alla riforma, chiedendo anche la costituzione di un “tavolo di confronto” permanente con l’Avvocatura, la Magistratura e la PA, «che permettano finalmente di varare interventi idonei a rispondere alle vere carenze del settore giustizia».
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Leggiamo in una nota congiunta: «Siamo, purtroppo, alla decima modifica nel corso degli ultimi quindici anni, senza che nessuna di esse abbia apportato grandi effetti in termini di riduzione dell’arretrato. In realtà, la forte carenza dell’organico, sia dei magistrati che del personale amministrativo, nonché la sua irrazionale distribuzione sul territorio nazionale, l’inadeguatezza dei sistemi telematici soggetti a continue interruzioni, oltre all’ormai cronica fatiscenza delle strutture destinate all’edilizia giudiziaria, sono le vere ragioni della dilatazione dei tempi del processo civile»
Per tale ragione, soltanto investendo in questi settori si potrebbero ottenere gli obiettivi del PNRR. Modificare nuovamente il rito, scegliendo un modello non tanto diverso da quello che creò il processo societario, dimostra che il Legislatore, così come il Governo, non soltanto non sono riusciti ad individuare le cause del problema, ma che percorreranno una strada che si è già confermata inefficace.
Tutto questo avverrà «a danno di cittadini e imprese i quali, oltre a non veder tutelati i loro diritti in maniera soddisfacente, ne subiranno tutti gli effetti sociali ed economici negativi».
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La riforma Cartabia introduce delle novità che andranno ad implementare il Processo Civile Telematico, ma senza intervenire prima sugli applicativi informatici, che sono inadeguati rispetto alle tecnologie di oggi. Si rischia, dunque, di andare incontro ad un rallentamento del sistema, che si ripercuoterà su imprese e cittadini.
Anche l’Ufficio per il processo, per quanto possa essere una cosa utile, non consente di raggiungere gli obiettivi irrealistici poiché, oltre ai gravi vuoti di organico nel personale di cancelleria, siamo di fronte ad assunzioni con contratto a tempo determinato, che spinge i più giovani a dare le dimissioni nel tentativo di trovare dei lavori più stabili.
La durata dei giudizi, inoltre, non dipende solo dal numero delle udienze istruttorie che si svolgono durante una controversia giudiziale, ma dal rapporto d’equilibrio tra le risorse umane e il numero dei procedimenti in entrata. Senza questo equilibrio, qualsiasi riforma processuale, per quanto innovativa, è destinata al fallimento.
Aiga, Anf, Anm e Uncc, per queste ragioni, chiedono al Governo di dimostrare il coraggio per scongiurare una paralisi degli uffici giudiziari, adottando tutte le misure opportune, come la costituzione di un tavolo di confronto permanente con l’Avvocatura, la Magistratura e il Personale.
Inoltre, annunciano anche la costituzione di nuclei di monitoraggio, mirati all’individuazione di soluzioni congiunte che attenuino le criticità che emergeranno dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia.
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