Il crimine informatico corre più veloce delle soluzioni. Nel 2024 i danni causati dagli attacchi hanno raggiunto i 9.500 miliardi di dollari, collocando il cybercrime al terzo posto tra le economie mondiali, subito dopo Stati Uniti e Cina. Le proiezioni per il 2030 parlano di 15.600 miliardi, a fronte di una rete composta da oltre 40 miliardi di dispositivi connessi, che moltiplicano le superfici d’attacco.
I criminali digitali non puntano più alle “cassaforti” meglio protette, ma sfruttano i punti deboli: fornitori minori, sistemi obsoleti, comportamenti quotidiani degli utenti. Le campagne di phishing diventano sempre più credibili grazie all’uso di identità sintetiche, deepfake e AI generativa, mentre il ransomware continua a crescere come strumento di ricatto globale.
La nuova frontiera è rappresentata dall’AI agentica, sistemi autonomi capaci di effettuare pagamenti, chiedere credito o negoziare servizi senza intervento umano. Un’opportunità enorme per banche e imprese, ma anche un’arma nelle mani dei truffatori. Nel frattempo, l’avanzata del quantum computing rischia di rendere obsolete le attuali difese crittografiche.
In parallelo, i pagamenti digitali evolvono: wallet universali, tokenizzazione e biometria promettono transazioni più veloci e sicure. Già entro il 2030 i numeri delle carte fisiche saranno sostituiti da codici digitali unici, ma la crescita esponenziale dei punti di contatto aumenterà anche le vulnerabilità.
La governance globale resta il vero anello debole: mentre i criminali collaborano in tempo reale, i governi avanzano in ordine sparso. Stati Uniti e Cina spingono su modelli opposti, l’Europa tenta di mediare, ma lo scenario resta frammentato. Un mosaico normativo che rende più difficile una risposta comune e lascia spazio a nuove economie parallele del crimine digitale.
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