Dall’entusiasmo dell’Università al limbo del praticantato: sempre meno aspiranti avvocati in Toscana. L’edizione toscana de La Repubblica di oggi, 5 marzo, fotografa un trend preoccupante: negli ultimi dieci anni, il numero di praticanti avvocati è crollato. Erano 1.351 ai nastri di partenza nel 2013, meno di 400 nel 2023.
Perché questa disaffezione? Le ragioni sono chiare: precarietà, costi elevati e scarsa valorizzazione.
Un lavoro a rischio
Il praticantato spesso si traduce in retribuzioni basse, se non assenti, e in una sostanziale mancanza di tutele. Un terreno fertile per lo sfruttamento, con i giovani avvocati relegati al ruolo di “manovali” senza prospettive concrete.
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Un percorso formativo costoso
Tra iscrizione all’albo, corsi di formazione e assicurazione, il praticantato rappresenta un investimento non indifferente. Un ostacolo non da poco per molti, soprattutto in un contesto di difficoltà economiche come quello attuale.
Senza riconoscimento
I praticanti avvocati si sentono spesso poco valorizzati, relegati a compiti marginali e privi di reali opportunità di crescita professionale. Una frustrazione che alimenta il disamore per la professione.
Come invertire la rotta?
Serve un impegno concreto per migliorare le condizioni di lavoro (retribuzioni dignitose, tutele adeguate e un percorso formativo strutturato), ridurre i costi (abbassare le tasse di iscrizione all’albo e prevedere borse di studio per i più meritevoli), valorizzare il ruolo del praticantato (esperienze formative di qualità e competenze spendibili nel mercato del lavoro).
Rosa Colucci
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