Il reato di epidemia colposa può configurarsi anche in assenza di un’azione diretta di diffusione del virus, ma per omissione di atti dovuti da parte dello Stato. A sancirlo, con una pronuncia destinata a lasciare il segno, sono le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 27515 del 2025 hanno fornito un’interpretazione innovativa dell’articolo 438 del codice penale, riscrivendo i confini della responsabilità penale nella gestione della pandemia da Covid-19.
La decisione, emessa il 10 aprile e accompagnata dalle motivazioni depositate il 28 luglio, rappresenta un punto di svolta per centinaia di procedimenti giudiziari archiviati o sospesi negli ultimi anni. Per la prima volta, la Corte ha chiarito che il reato può sussistere anche in caso di omissione di comportamenti dovuti da parte delle pubbliche autorità, come la mancata distribuzione di dispositivi di protezione individuale, l’assenza di formazione per il personale sanitario o il ritardo nella comunicazione del rischio alla popolazione.
A darne notizia, con una nota ufficiale, è l’associazione #Sereniesempreuniti, che dal 2020 rappresenta i familiari delle vittime del Covid. “La sentenza delle Sezioni Unite riconosce che l’epidemia colposa può configurarsi anche in forma omissiva – scrive l’associazione – superando un’interpretazione anacronistica del reato, risalente al codice Rocco del 1929, che richiedeva l’azione materiale di diffusione del contagio”.
Gli elementi individuati dalla Suprema Corte, secondo l’associazione, coincidono con il cuore delle indagini avviate dalla Procura di Bergamo e successivamente trasferite a Roma, dove il procedimento prosegue su impulso delle opposizioni presentate dagli avvocati dei familiari. Tra i nomi coinvolti figurano alti dirigenti del Ministero della Salute dell’epoca, tra cui Ranieri Guerra e Giuseppe Ruocco, per i quali è stata disposta l’imputazione coatta.
“È un passaggio fondamentale per il riconoscimento della verità – commenta l’avvocata Consuelo Locati, che guida il team legale insieme ai colleghi Giovanni Benedetto, Luca Berni, Alessandro Pedone e Piero Pasini –. Le motivazioni della Corte sottolineano con chiarezza il ruolo delle omissioni istituzionali e l’impatto che queste hanno avuto sulla salute pubblica. Il pronunciamento rafforza anche le nostre azioni civili in corso presso il Tribunale di Roma”.
Non meno rilevante è il potenziale impatto della sentenza sul piano internazionale. “Solo il 5% dei ricorsi presentati alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo arriva a fase di giudizio – sottolinea Locati – e la nostra causa è tra questi. Ora possiamo contare su un precedente giurisprudenziale che rende ancora più solida la nostra posizione”.
Per i familiari delle vittime, la decisione della Cassazione segna una nuova fase. “Finalmente – concludono da #Sereniesempreuniti – si afferma un principio di giustizia che attendevamo da anni. È la conferma che il nostro percorso, intrapreso in solitudine nel 2020, aveva un fondamento giuridico ed etico. Continueremo a lottare perché nessuna omissione resti senza risposta”.
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