La Cassazione ha stabilito che la responsabilità del capo dell’équipe chirurgica si estende anche al periodo post-operatorio, non limitandosi solo all’atto chirurgico. Con la sentenza n. 13375/2024, i giudici hanno respinto il ricorso di un ginecologo accusato di omicidio colposo per la morte di una puerpera, deceduta presso un ospedale di Salerno a causa di un’emorragia da atonia uterina.
I magistrati di merito avevano accusato il medico di non aver monitorato adeguatamente le condizioni cliniche della paziente, come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e i livelli di emoglobina, fattori cruciali per la tempestiva diagnosi dell’emorragia post-partum. Questo difetto di vigilanza, secondo i giudici, ha contribuito alla tragica evoluzione della patologia.
La difesa del ginecologo aveva sostenuto che, una volta completato il monitoraggio post-operatorio e affidata la paziente al ginecologo di turno, il medico non potesse essere ritenuto responsabile per eventuali omissioni nella cura successiva. Tuttavia, la Cassazione ha rigettato questa tesi, ribadendo l’obbligo di sorveglianza del chirurgo anche nella fase post-operatoria.
I giudici hanno citato precedenti orientamenti giurisprudenziali che stabiliscono come il chirurgo debba garantire il benessere del paziente anche dopo l’intervento, poiché il monitoraggio post-operatorio è fondamentale per rilevare tempestivamente eventuali complicazioni, come le emorragie, che rappresentano una delle principali cause di morte materna. La Corte ha sottolineato che un controllo attento in questa fase può fare la differenza tra la vita e la morte.
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