Il problema del sovraffollamento carcerario in Italia resta una ferita aperta per il sistema penitenziario. Al 31 maggio scorso, i detenuti presenti negli istituti penitenziari italiani erano 62.761, a fronte di una capienza regolamentare effettiva di 46.745 posti, considerando anche oltre 4.500 letti temporaneamente indisponibili per ristrutturazioni. L’indice medio di affollamento è salito così al 134,29%, con punte che in alcune strutture superano il 150%.
A evidenziare la criticità è il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Lazio, Stefano Anastasia, che rilancia una proposta concreta e immediata: un indulto limitato alle condanne e ai residui di pena inferiori a due anni. Si tratta di 16.568 persone, esattamente il numero di detenuti che eccede la capienza carceraria del Paese.
“Con un provvedimento di questo tipo — spiega Anastasia — sarebbe possibile azzerare il sovraffollamento e riportare il sistema penitenziario entro i limiti di legalità costituzionale”. Oltre alla questione numerica, il Garante richiama l’attenzione sulle condizioni materiali di vita all’interno delle strutture: ambienti angusti, personale ridotto soprattutto nelle ore notturne, difficoltà nel garantire assistenza sanitaria, attività formative e opportunità di reinserimento.
Anastasia sottolinea anche come l’amnistia e l’indulto restino, ad oggi, gli unici strumenti straordinari previsti dalla Costituzione per intervenire in situazioni di emergenza e che per essere approvati richiedono il consenso bipartisan. Richiama così il precedente del 2006, quando maggioranza e opposizione si unirono per approvare un indulto di tre anni, che non solo alleggerì il sistema carcerario, ma contribuì anche a dimezzare i tassi di recidiva tra i beneficiari.
“L’Italia — conclude Anastasia — ha bisogno di tempo e di margini per costruire una riforma penitenziaria strutturale. Liberare spazio e risorse con un indulto limitato e mirato consentirebbe di ripristinare condizioni minime di dignità e legalità negli istituti di pena e di ridare senso al principio costituzionale della funzione rieducativa della pena”.
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