«Per i primi giorni tutto era estremamente tranquillo, una vacanza più che piacevole. Abbiamo visitato Gerusalemme, poi ci siamo spostati a Tel Aviv: una città stupenda, vivissima, libera. Boulevard curatissimi, grattacieli avveniristici e spiagge di sabbia finissima. Era la settimana delle celebrazioni del Sukkot, era pieno di gente per le strade, si respirava un clima di festa».
Queste le parole dell’Avvocato padovano Dario Furlan, specializzato in compravendite di aziende, che racconta la sua esperienza ai microfoni del Gazzettino. Furlan, insieme alla compagna, si trovava a Tel Aviv per conciliare degli appuntamenti lavorativi con una vacanza, ma anche per festeggiare il compleanno della compagna.
I due, invece, si sono ritrovati nel mezzo della guerra in Israele, incontrando il terrore, il caos, gli aerei cancellati, le sirene antiaeree e i missili. Ritornare in Italia, per i due, è stata una vera e propria salvezza.
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«Ci siamo svegliati presto, e alle 6.30 abbiamo iniziato a sentire le sirene e degli scoppi. All’inizio pensavo a qualche evento legato proprio al Sukkot, che era finito quella stessa notte. Anche perché giorni prima a Gerusalemme avevo visto una sorta di rito durante il quale sparavano in aria. Pensavo a qualcosa di assolutamente normale. Invece è bastato guardare i giornali online e scendere nella hall per capire l’orrore che si stava consumando all’esterno».
Prosegue Furlan: «Era il fuggi fuggi generale. I turisti cercavano in ogni modo di tornare in patria, gran parte del personale è sparita perché erano riservisti dell’esercito. Noi abbiamo tentato di prendere un volo ma era il caos. In aeroporto sono tornate a suonare le sirene: ci siamo dovuti buttare a terra per un’ora con i missili che sfrecciavano sopra le nostre teste intercettati dalla contraerea. Momenti di vero terrore».
«Lunedì era il compleanno della mia compagna. Inutile dire che di certo non potremo dimenticare come lo abbiamo trascorso. Fortunatamente martedì siamo riusciti a prenotare un volo privato che, in collaborazione con la Farnesina, ci ha riportati in patria con 180 connazionali», conclude l’avvocato.
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