Nell’epoca dei social ogni cosa è cambiata: la nostra vita è in rete, e di conseguenza anche la pubblicità si è spostata online. Anche il lavoro dell’avvocato è stato investito da questi cambiamenti. Ma una domanda sorge spontanea: come mantenere i capisaldi della deontologia forense nel mondo dei social?
Ogni regola deontologica si basa su probità, dignità e decoro, anche e soprattutto per quanto riguarda la fiducia che la collettività ripone nell’avvocato. Dunque, in qualsiasi situazione, anche nella vita privata e nei social, l’avvocato ha il dovere di comportarsi secondo tali principi.
Il codice deontologico, infatti, non opera distinzione tra dimensione pubblica e privata: entrambe potrebbero ledere i principi dell’avvocato riflettendosi in maniera negativa sulla professione e sulla credibilità della categoria.
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Per poter verificare se sono stati violati i canoni deontologici generali nei social ci si basa sull’art. 17, secondo cui «è consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti».
Le informazioni «diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative. In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale».
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Secondo il nuovo art. 35 del Codice di deontologia forense, «l’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale».
Dunque, il rispetto dell’etica professionale non dovrà mai essere sacrificata, nemmeno dinanzi a scenari economici che sembrano molto accattivanti. L’avvocato, secondo la delibera del CNF del 22 gennaio 2016, potrà anche pubblicizzare la sua attività professionale, ma tenendo sempre ben saldi i principi di verità, trasparenza, correttezza, riservatezza e segretezza.
Per concludere, possiamo dire che ogni mezzo è ammesso, basta che l’utilizzo avvenga nel rispetto dei principi deontologici dell’avvocato. Secondo l’art.24 della direttiva Ce 123/2006, «gli stati membri provvedono affinché le comunicazioni commerciali che emanano delle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate».
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