La pandemia ha dimostrato quanto le tecnologie e i servizi digitali siano utili per portare avanti la nostra esistenza. Ma la loro importanza ha accentrato potere e ricchezza in mano di pochi colossi digitali, le Big Tech (Google, Facebook, Amazon, ecc.).
Tale accentramento sta influenzando la vita delle persone, non solo livello individuale ma anche sociale. Gli eventi di Capitol Hill e il successivo ban dell’ex presidente Trump dai principali social, le ingerenze straniere nelle campagne elettorali, ma anche semplicemente le polemiche per le modifiche all’informativa privacy di WhatsApp sono solo gli esempi più recenti.
L’attenzione dei governi verso i comportamenti delle Big Tech sta dunque crescendo di giorno in giorno, così come quella degli utenti che chiedono maggiori tutele.
LE PROPOSTE PER RIDURRE IL POTERE DELLE BIG TECH
Riprendiamo l’articolo di Agenda Digitale “Big Tech, troppo potere: tutte le proposte per risolvere il dilemma del decennio” e vi indichiamo che, tra queste, figurano:
– imporre una digital tax per restituire la sovranità fiscale agli stati,
– considerare le Big Tech come servizi pubblici,
– smembrarle
– obbligarle a condividere i dati con i concorrenti più piccoli,
– offrire un’amnistia nel caso cedano dati ai concorrenti o li cancellino,
– tassarne i ricavi derivanti dalla pubblicità targettizzata,
– sviluppare dei software che medino tra le piattaforme e i loro contenuti,
– aumentare la forza delle autorità di controllo.
PREVISIONI A LIVELLO NORMATIVO, ANDARE OLTRE IL GDPR
Le diverse soluzioni non possono concretizzarsi senza una adeguata base normativa.
In materia di protezione della privacy, trattamento dei dati e condotte connesse, il riferimento per eccellenza è il GDPR.
Ad esso presto si affiancheranno due ulteriori normative per contrastare il potere delle Big Tech: il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA).
Il Digital Service Act si concentra su:
– chiarire le responsabilità dei servizi digitali,
– favorire la parità delle condizioni nei diversi mercati digitali europei,
– favorire l’omogeneità normativa tra i paesi in modo da ridurre la circolazione di contenuti dannosi,
– potenziare la governance e la sorveglianza sui servizi digitali e i loro algoritmi di funzionamento,
– assicurare maggiore sicurezza agli utenti di fronte alla disponibilità online di prodotti, servizi e informazioni illegali o dannosi.
– incentivare il rispetto delle regole di concorrenza.
Il Digital Markets Act è uno strumento normativo ex ante basato su divieti e obblighi. Queste misure sono riferite a condotte commerciali inserite in una specifica black list.
In particolare, alle Big Tech vengono imposti i seguenti divieti e gli obblighi:
– divieto di discriminazione per favorire i propri servizi,
– obbligo di garantire l’interoperabilità tra la propria piattaforma e quelle dei concorrenti,
– obbligo di condividere, nel rispetto della privacy, i dati forniti o generati dalle interazioni degli utenti commerciali con i loro clienti attraverso le piattaforme dei Big Tech.
I colossi digitali hanno il dovere di modificare le proprie pratiche commerciali “scorrette” e favorire la concorrenza.
Nel caso di violazioni, il DMA prevede non solo sanzioni fino al 10% del fatturato, ma anche la cessione di asset e proprietà aziendali.
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