30 Luglio 2025 - ESTERI | Corsa alla leadership

AI e geopolitica: il nuovo campo di battaglia tra chi regola e chi lascia fare

Dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Unione Europea alla Cina, le strategie divergenti sull’Intelligenza Artificiale ridisegnano gli equilibri globali. In gioco ci sono innovazione, diritti e potere economico

L’Intelligenza Artificiale (AI) non è più solo una tecnologia: è diventata uno degli strumenti strategici più potenti nella competizione geopolitica mondiale. La corsa alla leadership non si gioca soltanto sul terreno dell’innovazione, ma anche sulle regole che la governeranno. Negli ultimi otto anni il numero di leggi legate all’AI è cresciuto esponenzialmente, passando da una manciata di iniziative nel 2016 a oltre 200 atti normativi in 39 Paesi alla fine del 2024. Ogni giurisdizione sta scegliendo il proprio modello, oscillando tra regolamentazioni stringenti e approcci marcatamente deregolatori.

Stati Uniti: mercato e innovazione al centro della strategia Trump
La nuova strategia americana, lanciata a luglio dal Presidente Donald Trump con l’“America’s AI Action Plan”, punta su una deregolamentazione senza precedenti. L’obiettivo dichiarato è chiaro: “vincere la corsa” sull’AI. Sono stati eliminati vincoli burocratici e riferimenti a temi come inclusione o transizione ecologica nei documenti federali, a favore di una politica “business-first”.

Washington vuole accelerare la costruzione di data center, fabbriche di chip e infrastrutture energetiche con procedure rapide e permessi “fast-track”. Vengono incentivati modelli open-source e sandbox regolatorie per sperimentare soluzioni AI in settori chiave. Non manca una forte spinta verso la difesa nazionale e la pubblica amministrazione, né un piano per esportare lo “stack AI made in USA” agli alleati, contenendo la dipendenza tecnologica dalla Cina.

Il Giappone sceglie la governance centralizzata e l’etica
Tokyo ha seguito un percorso molto diverso approvando, poco prima dell’estate, una legge quadro che definisce la governance dell’AI come infrastruttura strategica. La gestione è affidata a un “AI Strategy Headquarters” presso l’Ufficio del Primo Ministro e prevede un coordinamento serrato tra Stato, enti locali, aziende, università e cittadini.

L’approccio nipponico mette al centro etica, trasparenza e gestione del rischio, integrando competenze scientifiche e umanistiche. La cooperazione pubblico-privato è obbligatoria e l’alfabetizzazione digitale viene considerata un obiettivo nazionale.

Europa: l’AI Act come modello globale (ma non per tutti)
Con l’AI Act, l’Unione Europea ha scelto una strada ambiziosa: regolamentare l’Intelligenza Artificiale in maniera trasversale, applicando un sistema di classificazione basato sul rischio. È il primo tentativo al mondo di disciplinare l’AI con un unico quadro normativo valido per ogni settore.

Tuttavia, il modello europeo non convince tutti. Alcuni osservatori ritengono che possa frenare l’innovazione, mentre altri lo considerano un baluardo per la tutela dei diritti fondamentali. Solo poche nazioni extra-UE – come Argentina, Cile e Perù – stanno cercando di seguire una strada simile.

La Cina, le economie emergenti e il fronte “laissez-faire”
Pechino ha introdotto regole specifiche per la sola AI generativa, preferendo un approccio selettivo e mirato. Paesi come Indonesia e India stanno valutando regolamentazioni settoriali per sanità, trasporti o agricoltura. Altri ancora, come Brasile e Canada, puntano su forme di governance digitale più ampie senza leggi di prodotto.

Sul fronte opposto troviamo giurisdizioni che privilegiano la deregolamentazione: il Regno Unito è il caso più emblematico, con un modello pro-innovazione che usa solo strumenti di soft law e regolazioni “adattive” quando strettamente necessarie. Una linea condivisa anche da Singapore, Australia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e, oggi, dagli stessi Stati Uniti di Trump.

La sfida per la leadership globale è appena iniziata
Il panorama mondiale sull’AI appare come un mosaico frammentato di approcci. Alcuni Stati scommettono su regole chiare per proteggere i diritti e la sicurezza dei cittadini, altri preferiscono lasciare più libertà al mercato per attrarre investimenti e talenti.


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