Poche settimane fa l’On. Bignami (FDI) ha presentato in Parlamento la proposta di legge 2030 con l’obiettivo di abolire l’obbligo di iscrizione a Cassa Forense.
La proposta segue anni di proteste da parte degli avvocati contro quello che, per molti, risulta essere un obolo particolarmente oneroso.
Il versamento è, infatti, fisso (circa 4000€ all’anno) e completamente slegato dal reddito dell’avvocato. Chi ha appena avviato la professione, coloro che la esercitano in modo discontinuo o stanno patendo la maggiore concorrenza di questo periodo storico o clienti insolventi, possono trovare difficoltoso l’adempimento di tale obbligo.
Come se non bastasse, l’inadempimento è sanzionato dal codice deontologico.
La proposta dell’On. Bignami non si limita solo all’abolizione dell’obbligo di iscrizione a Cassa Forense, ma propone modifiche anche ad altri aspetti dell’avvocatura, come l’esame di Stato, il lavoro subordinato o il praticantato, che necessitano di essere rivisti o ripristinati.
Per maggiore chiarezza, vi riportiamo il testo integrale della proposta, che si compone di un unico articolo:
«Al fine di procedere a una revisione e a una semplificazione della disciplina dell’ordinamento della professione forense, di cui alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, e di favorire l’accesso alla professione di avvocato da parte dei giovani, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) modifica del corso di studi in giurisprudenza agevolandone l’indirizzo verso la specializzazione professionale mediante l’istituzione e l’attuazione di tirocini curricolari al quarto e al quinto anno di corso di studi e anticipando l’immissione dei neolaureati nel mercato del lavoro;
b) obbligo del rimborso delle spese per il praticante avvocato;
c) eliminazione dell’incompatibilità della professione forense con il lavoro subordinato di cui all’articolo 18 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, prevedendo l’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro degli studi professionali per avvocati e praticanti;
d) ripristino della figura del praticante abilitato, prevedendo che la stessa non sia soggetta a limitazioni temporali e contestuale abolizione della figura del praticante sostituto processuale;
e) revisione delle modalità dell’esame di abilitazione previste dagli articoli 46 e seguenti della legge 31 dicembre 2012, n. 247, mediante l’introduzione di misure premianti e di meccanismi di trasparenza, con l’obbligo di motivazione non puramente numerica e la fissazione di criteri effettivi, obiettivi e omogenei, su scala nazionale, da seguire per la valutazione delle prove di cui all’articolo 17-bis del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Previsione dell’aggiunta di una ulteriore sessione per le prove scritte salvaguardando l’esito favorevole delle stesse in caso di superamento, al fine di poter affrontare un’unica prova orale;
f) previsione di agevolazioni fiscali e previdenziali per i giovani avvocati;
g) previsione di un rimborso delle spese obbligatorio per i tirocinanti;
h) eliminazione dell’obbligo di iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e liberalizzazione del settore previdenziale e assistenziale con la fornitura delle relative prestazioni anche da parte di altri soggetti mediante l’introduzione di forme di previdenza complementare e di meccanismi concorrenziali, individuando meccanismi efficienti di progressività nella contribuzione previdenziale;
i) abolizione dei requisiti dell’abitualità, dell’effettività e della continuità della professione forense di cui all’articolo 21 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, al fine della permanenza dell’iscrizione al relativo albo;
l) reintroduzione dell’accordo con il quale l’avvocato e il cliente stabiliscono che il compenso per la prestazione professionale svolta è determinato in percentuale rispetto al risultato ottenuto, al fine di ridurre gli oneri a carico dei clienti.»
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