Già dieci anni fa Servicematica denunciava per prima i pericoli insiti nella diffusione massiva delle telecamere di videosorveglianza. Oggi, purtroppo, i fatti di cronaca parlano da soli. La promessa di maggiore sicurezza rischia di trasformarsi in un boomerang per la privacy e la tutela dei cittadini, con sistemi che – anziché garantire protezione – espongono utenti e imprese a un controllo occulto senza precedenti.
Test inquietanti: dati in Asia anche a telecamere spente
Le verifiche condotte da Servicematica e da altri osservatori indipendenti su un ampio campione di dispositivi hanno evidenziato due criticità principali:
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facilità di hackeraggio, con possibilità per terzi non autorizzati di accedere alle immagini in diretta;
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trasmissione continua di dati verso server collocati in Asia, anche quando le telecamere risultano apparentemente spente.
Un fenomeno che non si limita a compromettere la sicurezza informatica, ma che alimenta una vera e propria rete globale di controllo: i produttori asiatici, che dominano il mercato grazie a prezzi estremamente competitivi, finiscono così per estendere la loro influenza ben oltre i confini nazionali.
L’illusione del “buon affare”
Il consumatore medio, attratto da offerte vantaggiose, pensa di risparmiare acquistando questi dispositivi. In realtà, installa inconsapevolmente in casa o in ufficio un “cavallo di Troia digitale”, che rende i propri dati accessibili a infrastrutture estere con finalità poco trasparenti.
«La sete di controllo massivo trova forza proprio nell’ingenuità degli acquirenti» – commentano i tecnici di Servicematica. – «Chi crede di aumentare la propria sicurezza con queste telecamere spesso ottiene l’effetto opposto: esporsi a intrusioni e sorveglianza invisibile».
Non solo telecamere: Alexa e social nella stessa partita
Il problema non riguarda solo la videosorveglianza. Assistenti vocali, social network e dispositivi domestici “intelligenti” raccolgono quotidianamente parametri fisici, abitudini di consumo e dati personali. Il risultato è una mappa dettagliata delle nostre vite che viene gestita da soggetti privati e, spesso, archiviata su server extraeuropei, fuori da ogni reale controllo democratico.
L’assenza del Garante
In questo scenario, appare evidente il ruolo evanescente delle istituzioni di vigilanza. Il Garante per la protezione dei dati personali, a fronte di fenomeni così invasivi, sembra inadeguato e impreparato. La stessa inefficacia si osserva nel settore dei call center, dove da anni i cittadini subiscono telefonate indesiderate nonostante l’esistenza del Registro delle Opposizioni.
Un sistema che, nei fatti, si è rivelato poco più che simbolico: davvero qualcuno pensa che i call center “selvaggi” vadano a controllare se l’utente è iscritto al registro prima di chiamare? L’esperienza quotidiana dei cittadini dice l’esatto contrario.
Il risultato è paradossale: strumenti pensati per tutelare finiscono per essere percepiti come una beffa, alimentando sfiducia e rassegnazione.
Servicematica, un impegno di lungo periodo
Servicematica non si limita a denunciare: da oltre dieci anni studia soluzioni tecnologiche affidabili, sviluppa sistemi sicuri e sensibilizza utenti e imprese sui rischi della sorveglianza digitale. L’obiettivo è duplice: garantire la protezione reale delle persone e spingere il legislatore a dotarsi di strumenti concreti per contrastare un fenomeno che non è più futuro, ma presente.
«La sfida – ribadisce l’azienda – non è solo tecnologica, ma culturale: bisogna capire che la sicurezza non si compra al ribasso, e che la libertà oggi passa soprattutto dalla difesa dei dati personali, dalla difesa della sfera personale violentata ogni giorno dal cyber mondo».
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