Nel grande cantiere della ripresa post-pandemica, alimentato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), c’è chi lavora, chi innova — e chi truffa. A gettare luce sulle ombre che si annidano tra bandi e contributi è la Guardia di Finanza, che negli ultimi 18 mesi ha effettuato circa 15mila controlli su finanziamenti pubblici e progetti agevolati per un valore complessivo di 11,3 miliardi di euro. Il bilancio? Frodi sofisticate, spesso travestite da buone pratiche: aziende femminili solo sulla carta, start-up innovative che non innovano affatto, e un fitto sistema di società di comodo, conti esteri e prestanome.
Imprese “rosa” solo sulla carta
Una delle truffe più ricorrenti riguarda l’accesso al Fondo impresa femminile, pensato per favorire la parità di genere e l’imprenditorialità delle donne. In apparenza un cambio epocale, nella sostanza una farsa: aziende a gestione maschile che, poco prima della scadenza dei bandi, nominano donne della famiglia come rappresentanti legali — spesso ignare, talvolta compiacenti. Mogli, figlie, sorelle improvvisamente catapultate alla guida di società che continuano ad essere dirette, nella realtà, dai vecchi amministratori.
Le verifiche del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie mostrano uno schema costante: nomi femminili inseriti al momento giusto, variazioni lampo nei registri camerali, e nessun reale cambiamento nella conduzione aziendale. Una parità apparente che viola i requisiti sostanziali dei finanziamenti e svilisce le vere imprenditrici.
Progetti riciclati, innovazione solo nel titolo
Accanto al fenomeno delle “imprese rosa”, emerge un secondo filone di irregolarità: progetti vecchi spacciati per nuove idee. Le società coinvolte ripropongono attività già avviate anni prima, modificate quanto basta per sembrare start-up innovative. Vecchie pratiche, nuove etichette. Un maquillage ben studiato per scalare le graduatorie dei finanziamenti destinati all’innovazione.
Non mancano poi i casi di fatture gonfiate, emesse da aziende prive di dipendenti o di sede operativa reale, e flussi di denaro che prendono direzione estera, per essere prelevati in contanti o fatti transitare attraverso società di comodo, aggirando ogni controllo. Un labirinto di simulazioni contabili e giuridiche, costruito per saccheggiare fondi pubblici travestiti da opportunità di rilancio.
L’allarme della Procura europea e il rischio sistemico
I settori sotto osservazione sono trasversali: infrastrutture, sanità, digitalizzazione, formazione, pubblica amministrazione. Un’attenzione particolare è riservata dalla Procura europea (EPPO) ai progetti che ricevono fondi PNRR e risorse europee strutturali, per il potenziale impatto transfrontaliero delle frodi e per l’effetto distorsivo su concorrenza e legalità.
Il timore è che questi comportamenti minino la credibilità del sistema dei controlli e danneggino l’accesso ai futuri finanziamenti. Ogni euro sottratto al circuito virtuoso dello sviluppo significa un’opportunità mancata per il Paese reale, quello che crea valore, lavoro e inclusione.
I controlli continuano. Serve anche un cambio culturale
Il lavoro della Guardia di Finanza, in sinergia con la magistratura contabile e le autorità europee, prosegue senza sosta. Ma il contrasto alle frodi richiede anche una nuova consapevolezza da parte delle amministrazioni pubbliche e della società civile: non basta verificare i documenti, bisogna valutare i contenuti reali di ogni progetto, e premiare chi opera con trasparenza e competenza.
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