ROMA – Difendere i medici, semplificare il lavoro in corsia, e fermare l’emorragia di professionisti dal Servizio sanitario nazionale. Sono questi gli obiettivi centrali del disegno di legge delega firmato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, che approda oggi in Consiglio dei ministri. Un provvedimento atteso da anni, che punta a trasformare in norma stabile uno scudo penale già applicato in forma temporanea: la non punibilità del personale sanitario per lesioni o morte del paziente, salvo i casi di colpa grave.
Una misura che ha lo scopo di contenere il dilagare della medicina difensiva, ovvero quella prassi per cui i medici, nel timore di denunce e richieste di risarcimento, prescrivono una quantità eccessiva di analisi, esami e accertamenti spesso inutili. Una strategia di autotutela che, nel tempo, ha contribuito ad allungare le liste d’attesa e a far lievitare i costi a carico del sistema sanitario pubblico.
Ventimila denunce l’anno, poche le condanne
Secondo i dati più volte diffusi dalle associazioni di categoria, ogni anno in Italia vengono sporte circa 20.000 denunce penali nei confronti dei medici, ma solo una percentuale minima sfocia in condanne effettive. Una sproporzione che affatica il lavoro delle procure e, allo stesso tempo, genera un clima di sfiducia e paura tra i professionisti della salute. Da qui l’esigenza, condivisa anche da molte società scientifiche, di rendere strutturale uno scudo penale che limiti la responsabilità penale ai soli casi di grave negligenza.
Più tutele anche sul fronte civile
Il disegno di legge interviene anche sul versante delle cause civili e delle richieste di risarcimento danni, prevedendo una clausola di esclusione della responsabilità sia per le strutture sanitarie che per i singoli operatori, a condizione che la prestazione sanitaria sia stata erogata seguendo linee guida accreditate o buone pratiche clinico-assistenziali, purché adeguate al caso specifico.
Nel dettaglio, il comma 3-bis dell’articolo 8 prevede che «la responsabilità civile della struttura sanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è esclusa se la prestazione è stata eseguita in conformità alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate o alle buone pratiche clinico-assistenziali». Un riferimento normativo chiaro che mira a restituire certezza giuridica a chi opera in trincea.
Incentivi, organici e dignità del lavoro sanitario
Ma il Ddl non si ferma alla dimensione giuridica. Nel pacchetto di misure annunciate, il governo intende impegnarsi anche sul fronte degli organici e del miglioramento delle condizioni di lavoro per i camici bianchi del settore pubblico. Una strategia necessaria per arginare la fuga di personale verso il privato o verso l’estero, fenomeno che negli ultimi anni ha assunto proporzioni allarmanti.
L’obiettivo dichiarato del ministro Schillaci è quello di ridare dignità alla professione medica, anche attraverso una semplificazione burocratica, una maggiore protezione legale e una valorizzazione economica e professionale dei ruoli chiave della sanità pubblica.
Verso un nuovo equilibrio tra tutela e responsabilità
Il disegno di legge rappresenta, nelle intenzioni dell’esecutivo, un primo passo verso un nuovo equilibrio tra la tutela dei pazienti e la salvaguardia di chi li cura. «Non possiamo più permettere che il timore di una denuncia paralizzi la capacità di diagnosi e decisione clinica dei nostri medici», ha dichiarato Schillaci nei giorni scorsi.
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