Un’ordinanza destinata a far discutere e, forse, a incidere sulla futura interpretazione delle norme europee in materia di dati digitali e procedimenti penali. Con ordinanza del 26 giugno 2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, dott. Ragazzi, ha sospeso un procedimento penale contro ignoti per sostituzione di persona (art. 494 c.p.), sollevando due quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Il caso riguarda la creazione di un profilo Facebook falso, ritenuto lesivo della reputazione e dell’identità della persona offesa, una giovane vittima di un possibile raggiro online. Per tentare di risalire all’autore o agli autori, era stata richiesta l’acquisizione dei file di log del profilo incriminato: dati tecnici (indirizzi IP, date e orari di accesso) che rappresentano, in molti casi, l’unico strumento utile per l’identificazione di chi opera dietro pseudonimi o identità fittizie sul web.
Il diniego iniziale e la svolta
La richiesta, avanzata ai sensi dell’art. 132 del D.lgs. 196/2003 (Codice della privacy), era stata respinta. La ragione? La pena edittale prevista per il reato di sostituzione di persona non consente l’accesso ai dati di traffico telematico, riservato – secondo la normativa italiana – ai procedimenti per reati gravi.
A seguito della richiesta di archiviazione del procedimento, il giudice ha riaperto la riflessione giuridica, attivando il contraddittorio previsto dall’art. 409 c.p.p., e ha deciso di coinvolgere la Corte di Giustizia UE per verificare la conformità della normativa nazionale ai principi europei.
Le due questioni sollevate
Nel rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 par. 1 lett. b) TFUE, il GIP chiede alla Corte:
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Se il diritto dell’Unione europea impedisca di escludere i file di log dalla categoria dei “dati di traffico telematico”, considerandoli invece, come fa parte della giurisprudenza nazionale, dati diversi soggetti a minori tutele e accessibili solo in casi eccezionali;
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Se il diritto UE consenta l’accesso a questi dati anche in procedimenti relativi a reati non classificati come gravi, qualora – come spesso avviene nei reati informatici – i file di log rappresentino l’unico strumento realmente utile all’individuazione dell’autore del reato.
Il contesto normativo europeo
L’ordinanza si muove tra riferimenti a fonti consolidate e recenti del diritto europeo. Il giudice catanese fonda la propria argomentazione sull’art. 15 della Direttiva 2002/58/CE, in relazione agli articoli 7, 8, 11 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ampiamente interpretati dalla Corte di Giustizia in materia di privacy, dati personali e libertà di espressione.
Viene inoltre citato il Regolamento UE 2023/1543, parte del pacchetto normativo sull’e-evidence, che disciplina l’acquisizione di prove elettroniche all’estero e che entrerà pienamente in vigore nell’agosto 2026. Un riferimento che dimostra come il legislatore europeo stia già lavorando a un quadro normativo più coerente e funzionale alle indagini digitali transfrontaliere.
Il confronto con la normativa francese
Significativa, infine, l’apertura comparativa dell’ordinanza, che evidenzia come, in Francia, il diritto penale e processuale penale permettano l’accesso ai dati telematici anche per reati meno gravi, a condizione che tali dati siano essenziali per l’identificazione dell’autore. Un approccio più pragmatico, che potrebbe orientare anche la futura giurisprudenza europea.
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