La mancata consegna del certificato di abitabilità al momento della vendita non basta, da sola, a configurare un danno risarcibile per l’acquirente, se il documento viene regolarmente ottenuto in un secondo momento. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, con l’ordinanza n. 19923, depositata oggi, che conferma un orientamento sempre più consolidato in materia di trasferimenti immobiliari.
La vicenda trae origine dall’acquisto, avvenuto nel 2013, di un immobile privo al momento del rogito del certificato di agibilità. Nel 2016, l’acquirente si è rivolta al giudice, lamentando danni patrimoniali e non patrimoniali per la presunta perdita di valore commerciale del bene, oltre a chiedere una riduzione del prezzo. Tuttavia, il certificato era stato regolarmente ottenuto nel giugno 2014, dunque a meno di un anno dalla compravendita.
La decisione delle corti
Il Tribunale aveva inizialmente dichiarato improcedibile la domanda, per il mancato rispetto dei termini. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva invece riconosciuto la procedibilità, ma rigettato nel merito la richiesta di risarcimento: la successiva regolarizzazione dell’agibilità aveva infatti sanato ogni irregolarità, escludendo qualsiasi danno da “non commerciabilità”.
La Cassazione conferma integralmente questo orientamento. La vendita, ha stabilito la Corte, non può essere qualificata come aliud pro alio, ovvero come trasferimento di un bene completamente diverso da quello pattuito, poiché non vi erano carenze strutturali o funzionali tali da impedire l’abitabilità effettiva dell’immobile.
Nessun automatismo nel risarcimento
La Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: l’assenza formale del certificato non è di per sé sufficiente a fondare una richiesta di danno. Per ottenere un risarcimento, l’acquirente deve dimostrare un pregiudizio concreto, come ad esempio:
-
la diminuzione del valore del bene;
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l’impossibilità di utilizzo per la destinazione d’uso pattuita;
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spese affrontate per ottenere l’agibilità in sanatoria.
Nel caso in esame, sottolinea la Corte, non è emersa alcuna prova concreta di danno subito dalla parte attrice, né elementi che giustificassero una riduzione del prezzo o un ristoro economico.
L’agibilità resta un requisito importante
Pur non assumendo valore assoluto ai fini della validità del contratto, il certificato di abitabilità continua a rivestire un ruolo essenziale nella commerciabilità giuridica e funzionale dell’immobile. Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza, la sua assenza deve essere valutata caso per caso, tenendo conto di eventuali irregolarità sanabili e delle effettive conseguenze sull’utilizzo del bene.
Questa decisione rafforza il principio secondo cui l’equilibrio contrattuale e la tutela del compratore vanno ancorati a circostanze concrete e dimostrabili, evitando automatismi che rischiano di sovraccaricare di responsabilità il venditore per mere carenze documentali superabili.
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