Con l’ordinanza n. 19421 depositata il 15 luglio 2025, la Corte di Cassazione interviene con un chiarimento decisivo sulla decorrenza degli interessi di mora nei crediti professionali, in particolare per l’attività forense. Il principio affermato dalla Seconda Sezione civile è netto: gli interessi ex articolo 1224 del Codice civile decorrono dalla costituzione in mora del debitore, che può avvenire sia con la proposizione della domanda giudiziale sia con una richiesta stragiudiziale di pagamento.
La decisione giunge in accoglimento del ricorso presentato da due avvocati che avevano assistito una società, poi risultata contumace in primo grado davanti al Tribunale di Bergamo. La Corte territoriale aveva riconosciuto il credito richiesto (10.248,99 euro), condannando la società al pagamento degli interessi legali dalla data della domanda fino all’adempimento, oltre alle spese processuali. Ma i legali avevano contestato l’omessa applicazione degli interessi moratori previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2002 e la decorrenza fissata dalla domanda giudiziale anziché dalla messa in mora, effettuata con diverse richieste stragiudiziali.
Il principio di mora nel credito professionale
La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ribadendo che la disciplina sui ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, inclusi i contratti d’opera professionale, prevede la maturazione degli interessi moratori dalla messa in mora, a condizione che il ritardo non sia giustificato da cause non imputabili al debitore (art. 3, D.lgs. 231/2002). La liquidazione giudiziale successiva non incide sulla decorrenza della mora, neanche se l’importo liquidato è inferiore rispetto alla richiesta originaria.
Non è quindi determinante la data della decisione giudiziale che accerta e quantifica il credito: la costituzione in mora – attraverso atti formali o iniziative legali – è sufficiente per far decorrere gli interessi. Il giudice di merito, rileva la Cassazione, avrebbe dovuto applicare fin da subito gli interessi moratori, tenendo conto delle diffide precedentemente inviate.
La rivalutazione non scatta automaticamente
Diversa la sorte del secondo motivo di ricorso, con cui i legali chiedevano il riconoscimento della rivalutazione monetaria del credito, sostenendo che la mancata contestazione della parcella avrebbe dovuto attivare d’ufficio sia la rivalutazione che gli interessi moratori dalla scadenza del termine di pagamento. La Corte ha respinto l’argomento: per i crediti illiquidi la decorrenza della mora non è automatica, ed è sempre necessario un atto di costituzione in mora.
La sentenza ribadisce un principio consolidato: in illiquidis non fit mora non è un dogma assoluto, ma resta esclusa la mora solo se il debitore si trovi nell’impossibilità oggettiva di quantificare il dovuto. Quando, invece, è ragionevolmente possibile effettuare una stima, ad esempio sulla base di tariffe professionali o di attività documentate e non controverse, la dilazione diventa ingiustificata. In tal caso, anche in presenza di una contestazione giudiziale del credito, la condotta del debitore può configurare responsabilità per ritardo colpevole nell’adempimento.
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